Cannes, 24 maggio 2025 – Il Concorso, dorsale del Festival, si è chiuso con due film che hanno contribuito a confermare la qualità di un’edizione partita in sordina: Giovani madri dei fratelli Dardenne (due Palme d’oro) e The Mastermind dell’americana minimalista Kelly Reichardt.
Stasera si svelerà uno dei più incerti Palmarès degli ultimi anni. Se le decisioni dei giurati presieduti da Juliette Binoche saranno giudiziose l’iraniano Jafar Panahi dovrebbe prevalere non per le persecuzioni politiche del regime ma per l’eccezionalità di un’opera sorprendente.
Affinché il buon senso non sia offeso nel novero dei premiati dovranno essere presenti il brasiliano L’agente segreto, il giapponese Renoir e l’ucraino Due procuratori. Oltre, naturalmente, a Wes Anderson che è da sempre fuori quota. Ecco le pagelle dei registi e dei film in gara.
Sergei Loznitsa: voto 8
Due procuratori. Anno 1937. In pieno terrore staliniano un ingenuo procuratore entusiasta accusa la polizia segreta. L’ucraino Loznitsa un racconto spoglio e metallico che conduce lo spettatore nel cuore di un incubo kafkiano.
Mascha Schilinski: voto 6
Sound of Falling. Il vissuto di 4 ragazze risuona nella medesima fattoria nel nord della Germania. Sogni, ricordi e paure si sovrappongono in un ambizioso affresco antropologico. Malick e Haneke riletti in chiave femminile
Dominik Moll: voto 7
Dossier 137. Durante i disordini dei gilets jaunes un minorenne riporta gravi danni cerebrali. Una coraggiosa investigatrice mette sotto accusa i poliziotti responsabili: alla fine vince la ragion di stato. Palpitante.
Óliver Laxe: voto 6
Sirat. Il viaggio di un padre attraverso il deserto alla ricerca della figlia scomparsa in un rave-party diventa un’estenuante odissea mistico esistenziale. Cinema visionario nutrito di musica, vento e sabbia.
Ari Aster: voto 5
Eddington. In una cittadina del New Messico sceriffo e sindaco si confrontano in un duello che trascina la popolazione in una sanguinosa faida. Aster maneggia thriller e horror con abilità ma non basta a sopire la noia.
Hafsia Herzi: voto 7
La petite dernière. L’omosessualità femminile in una famiglia musulmana parigina. Dramma di formazione di una ragazza che afferma la sua identità: desiderio e tumulti del cuore raccontati con pudore. Vibrante e cristallino.
Hayakawa Chie: voto 8
Renoir. Tokyo anni ’80. La disperata ricerca di affetti da parte di un’undicenne ipersensibile persa nel vuoto in cui la confinano il padre morente e la madre in carriera. Delicatezza di tocco e intensità emotiva.
Richard Linklater: voto 6
Nouvelle Vague. Ricostruzione puntuale dei giorni di lavorazione di “Fino all’ultimo respiro“ nello spirito e nello stile di Godard. Ritratto divertito di un’epoca e di mentore fatta da un cinefilo texano che adora il cinema europeo.
Lynne Ramsay: voto 5
Die My Love. Scrittrice in lotta con i demoni aggressivi del post-parto. La grande casa immersa nel verde acuisce il malessere reso insopportabile dal marito distratto e fedifrago. Lawrence e Pattinson troppo belli.
Kleber Mendonça Filho: voto 9
L’agente segreto. Brasile anni ’70: un ingegnere braccato da malavitosi e polizia. Dietro l’apparente convenzionalità da serie b un thriller ricco di intrighi metropolitani e di brillantezza visiva. Film d’autore in modalità Hitchcock.
Wes Anderson: voto 8
The Phoenician Scheme. Splendida matassa di immagini caleidoscopiche si dipana per il piacere di occhi e mente. La vicenda grottesca e divertente non conta. L’ossessione della cartapesta elevata a stile. Il solito Anderson? Di più.
Tarik Saleh: voto 5
Eagles of the Republic. Star del cinema egiziano costretto dalla polizia di regime ad accettare il ruolo del presidente Al Sisi finisce pedina di un intrigo politico. Il regista svedese non prolunga lo sguardo obliquo sul Cairo dei film precedenti.
Julia Ducournau: voto 4
Alpha. Anni ’80. Un virus misterioso marmorizza i corpi dei contagiati. Madre medico e figlia contro tutti. Regista di culto già Palma d’oro con “Titane“ senza ispirazione. Il modello è Cronenberg ma la vetta è tutta da scalere.
Jafar Panahi: voto 9
Un piccolo incidente. Quattro perseguitati dal regime riconoscono in un meccanico il loro aguzzino. Lo rinchiudono in una cassa e girano in un van per Teheran. Che fare? Grottesco racconto pieno di humor e di amarezza. Impareggiabile.
Mario Martone: voto 7
Fuori. Roma 1980. Tre donne con un comune soggiorno dietro le sbarre di Rebibbia consumano giornate di desiderante vitalità. Sulla falsariga della vicenda e dei romanzi non un biopic ma un ritratto di Goliarda Sapienza.
Carla Símon: voto 8
Romería. Diario filmato dalla Catalogna a Vigo di una diciottenne orfana alla ricerca della famiglia avita. Pellegrinaggio di un animo ferito alla ricerca della verità nascosta. Grazia e fascino di un cinema minimale ma autentico.
Oliver Hermanus: voto 4
The History of Sound. Storia d’amore di due ragazzi gay negli anni dieci Usa: la musica come collante di passioni intense. Segue viaggio nel Maine alla ricerca delle note e delle voci folk. Racconto laborioso ma anemico nonostante Paul Mescal.
Joachim Trier: voto 7
Sentimental Value. Golfo di Oslo. Nella casa di famiglia si consuma il drammatico confronto tra padre regista di cinema al tramonto e figlia attrice teatrale di successo. Le mura trasudano infelicità: tra Ibsen e Bergman.
Saeed Roustaee: voto 5
Woman and Child. Giovane infermiera vedova con due figli s’appresta a risposarsi ma il futuro marito le preferisce la sorella e il figlio maggiore ha un tragico incidente. Dolore e rabbia in un melodramma anti-patriarcato.
Jeanne-Pierre e Luc Dardenne: voto 8
Giovani madri. Prossime madri adolescenti con trascorsi infelici accolte in una casa-famiglia. Destini diversi per un comune disagio personale e sociale. Dalla parte delle ragazzine ma solo per amore. Sentito e commovente come solo i Dardenne.
Bi Gan: voto 6
Resurrection. Bizzarria spettacolare made in China. Androide acquisisce coscienza attraverso salienti momenti di storia del cinema. Ambizioso e audace, stordente per eccesso. Fantasmagorico viaggio mentale per celebrare il cinema.
Kelly Reichardt: voto 7
The Mastermind. Framingham Massachusetts, 1970. Figlio di famiglia senz’arte compie con complici balordi un furto nel locale museo. Reichardt reinventa senza nostalgia ma con eleganza il genere rapina. Strepitosa musica jazz d’epoca.