Oscar 2022: i film favoriti snobbano le sale

La vittoria del “Potere del cane“ o di “Coda“ segnerebbe una rivoluzione: pellicole nate e diffuse in streaming. Senza incassi ai botteghini

Emilia Jones (20 anni) in una scena di “Coda“ di Sian Heder

Emilia Jones (20 anni) in una scena di “Coda“ di Sian Heder

Il tifo è uno solo: "Non ti disunire". L’urlo che Capuano lancia a Fabietto in È stata la mano di Dio è lo stesso che farà in cuor suo tutta Italia, domani notte, a Sorrentino: Paolo non ti disunire dall’Oscar. Candidato tra i migliori film internazionali, consacrato dal critico del New York Times come "estetizzatore capace di redimere l’orrore della realtà alchimizzandola in bellezza" Sorrentino è a Hollywood pronto a bissare il trionfo del 2014 anche se le previsioni delle ultime ore danno in crescita tra le preferenze dei giurati non tanto il giapponese Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi (favorito poiché candidato anche come miglior film e regia) quanto il norvegese La persona peggiore del mondo, commedia agrodolce, ritratto “generazionale“ di una trentenne – ironica, libera, insicura – in corsa verso l’irraggiungibile ricerca di sé.

La partita è però ancora aperta, come quella dell’Oscar per il miglior film in assoluto. A giocarsela – sempre secondo le voci dei queste ore – sono Il potere del cane, di Jane Campion, sui veleni della misoginia esplicita e dell’omosessualità repressa che trasformano il mito americano dei cowboy di un West al crepuscolo in un incubo preveggente e Coda: I segni del cuore, su una ragazzina che insegue il suo sogno di cantante, unica non sorda né muta della sua povera allegra e solidale famiglia di pescatori del Massachusetts.

Il potere del cane si presenta nel tempio dell’Academy con 12 nomination ed è la visionaria, potente, ambigua reinterpretazione del romanzo di Thomas Savage del ’67 (da leggere, edito da Neri Pozza); su Coda, che di nomination ne ha solo tre, pesa l’imbarazzo di alcuni critici che hanno fatto notare che l’opera – pur gradevolissima – altro non sia che un “copia e incolla“ del film francese del 2014 La famiglia Bélier. Il potere del cane e Coda hanno comunque tre importanti cose in comune: la prima è che entrambi sono diretti da donne, la veterana neozelandese Campion, 67 anni, e la 44enne americana Sian Heder; la seconda è che entrambi si focalizzano sullo spostamento dei protagonisti dai margini a una – ora perturbante e disturbante, ora corretta e consolatoria – centralità: possidenti ricchi e “machi“ si rivelano portatori d’odio letali eppure fragili; proletari portatori di handicap, diversamente abili, si rivelano miracolosamente coraggiosi, generosi, forti.

Infine il terzo – e forse più importante – fattore che accomuna i film è che entrambi non sono praticamente usciti nelle sale dei cinema. L’Oscar della migliore produzione al Potere del cane o a Coda segnerebbe una rivoluzione: forse non irreversibile, forse dovuta “solo“ agli effetti della grande crisi Covid e post Covid. Ma sancirebbe comunque – almeno per quest’anno – la sconfitta dell’industria hollywoodiana come l’abbiamo conosciuta finora, col dominio delle Major cinematografiche, e il loro precipuo sistema di produzione e distribuzione nelle sale: Il potere del cane è una produzione del colosso di streaming Netflix (come pure il film di Sorrentino), è passato dal Festival di Venezia (Leone alla regia), ed è uscito solo sulla piattaforma. Coda, subito dopo il Sundance 2021, è stato acquistato da Apple Tv; in Italia non è uscito nelle sale, ma su Sky e Now.

Certo, di fronte al potere del cane streaming, il diavolo (delle Major) potrebbe metterci la coda, che si sa è sempre in agguato: in tal caso l’Oscar al miglior film, trasformatosi in un braccio di ferro tra due “modelli“ e poteri di cinema all’interno dell’Academy, dovrebbe finire tra le mani non delle registe favorite, ma tra quelle dei produttori “ancien régime“ che hanno investito miliardi nei kolossal West Side Story di Spielberg, imponente ma abbastanza fuori tempo remake del famoso musical (costato 100 milioni di dollari, incassati nei cinema del mondo circa 75), o ancor meglio nel fantascientifico Dune di Villeneuve: costato 165 milioni, incassati oltre 400, e siamo solo al capitolo 1 della saga tratta dal capolavoro di Frank Herbert.

Tra i 10 film candidati quest’anno – con moltissime meno opere “black“ rispetto al 2021 – mancano un tema dominante e l’aperta militanza: film politici e d’attualità sono il classicone Belfast di Kenneth Branagh (guerra fratricida) e il satirico Don’t Look Up (cecità dinnanzi al disastro climatico). La persistenza della possibilità della realizzazione del Grande Sogno Americano è in King Richard, con Will Smith padre delle sorelle Williams che porta dal ghetto ai trionfi le sue Venus e Serena. La coscienza che il Grande Sogno Americano possa essere un’atavica truffa circense congegnata da seduttori o freaks dal cuore marcio è altresì La fiera delle illusioni di Guillermo del Toro.

Poi c’è Licorice Pizza del maestro P.T.Anderson, inno alla libertà, all’energia e alla potenza dell’adolescenza, rinfrancante capolavoro di intensità emotiva. Infine Drive My Car: con Ryusuke Hamaguchi vincerebbe un film di tre ore sull’elaborazione del lutto e l’importanza di Cechov nell’accettazione di sé, e dei propri rimpianti. Saremmo ben oltre la rivoluzione dello streaming che batte le Major: qui la rivoluzione sarebbe il trionfo della poesia. E forse è chiedere un po’ troppo.