Martedì 23 Aprile 2024

Opera, rock e ovazione all’Ucraina È la prima grande notte Eurovision

Ieri su Raiuno il debutto della manifestazione kolossal in diretta da Torino

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di Andrea Spinelli

Veni, Vidi, (Euro)Vici. Nell’interpretazione grafica dell’Eurovision Song Contest il bronzeo Giulio Cesare che a Torino veglia impettito il viavai di Porta Palatina svelava ieri sera dallo schermo lo stato d’animo con cui nel ventre in tumulto del PalaOlimpico ha preso il via in diretta su Raiuno la carica dei quaranta Paesi in gara. Tutti in cerca di una via per il tetto d’Europa che, insegnano i Maneskin, può non fermarsi più e portare molto, molto, lontano.

Orfana della Russia, esclusa dalla competizione ventiquattro ore dopo l’inizio dell’”operazione speciale” contro l’Ucraina, la prima semifinale ha laureato – su 17 nazioni in gara – i primi dieci finalisti che domani sera si andranno ad aggiungere agli altri dieci superstiti della seconda selezione (18 Paesi, tra cui San Marino con il suo Achille Lauro) formando il blocco che sabato affronterà i “big five”, tra cui l’Italia di Mahmood e Blanco, ammessi di diritto alla sfida decisiva.

Ieri sera apertura tra rock e opera con una Nessun dorma accennata all’arpa laser e fuochi d’artificio, poi il volo del drone “Leo” alla ricerca di borghi, monumenti e paesaggi peninsulari da scoprire assieme ai protagonisti della serata. In generale meno lampi trash, e più attenzione alle performance, con personaggi comunque in bilico tra hit parade e “Cage aux folles” come l’albanese Ronela Hajati di Sekret, con la lunga chioma roteata come una spada, i coloratissimi lettoni Citi Zēni con l’eco-tormentone dall’anima soul Eat your salad, mangia la tua insalata, e ancora i bulgari dell’Intelligent Music Project con un frontman, il rocker cileno Ronnie Romero, barba e capelli lunghi alla Dave Grohl e alla Chris Cornell.

Due grandi mani in bianco e nero protese dallo schermo verso il palco segnano l’esecuzione della ninna nanna rap degli ucraini Kalush Orchestra – dati dai bookmaker per favoriti e accolti da un’ovazione del pubblico che sventolava bandiere della pace e gialloblù – come a proteggerne l’esistenza. E ancora la follia folk-rock dei moldavi Zdob și Zdub (alla terza partecipazione) & Frații Advahov, l’euforia contagiosa dei Subwoolfer, “lupi” norvegesi in machera che sembrano partoriti da un cartooon dei Simpson, o la siderale distanza delle islandesi Systur, in procinto d’incidere nella loro lingua quella Non ho l’età (per amarti) che Gigliola Cinquetti (ri)caterà davanti alla platea dell’ESC sabato prossimo.

Avventurosa la scelta di abbinare l’Austria a una cartolina di Trieste, evocando un conflitto da 650mila morti solo nelle fila italiane. Di livello la conduzione affidata a una Laura Pausini tutta in fucsia Valentino, Alessandro Cattelan e Mika, ma l’alchimia può ancora crescere. Più di un filo di emozione ha accompagnato la bella esibizione di Diodato, risarcito dallo show che nel 2020, sotto Covid, fu costretto a tenere all’ESC in un’Arena di Verona completamente vuota. Ieri sera ad applaudire Fai rumore c’era tutto il PalaOlimpico. "È una canzone adatta sempre alle situazioni in cui c’è la necessità di abbattere i muri del silenzio – ha detto lui –, come anche durante ciò che sta accadendo ora nel cuore dell’Europa".

Passano alla finalissima Ucraina - ovviamente - poi Svizzera, Armenia, Islanda, Lituania, Portogallo, Norvegia, Grecia, Moldavia, Paesi Bassi; nel corso della proclamazione dei finalisti Laura (che aveva anche omaggiato la Carrà ricordandola sul palco sulle note di Fiesta) si lascia scappare – in italiano – un "porca vacca" di disappunto. Ma è chiaro che tutto fa spettacolo.

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