Oltre i confini del mainstream

Gli Ex-Otago ritornano e non tradiscono il pop innervandolo di nuova energia con Fabri Fibra. Il viaggio nei sentimenti, le sfide del domani. .

Oltre i confini del mainstream
Oltre i confini del mainstream

La storia d’amore tra gli Ex-Otago e il rap è antica almeno quanto la band nata a Genova nel 2002. Parrebbe impossibile che il loro pop, oggi rinverdito dal featuring con Fabri Fibra che dopo ’Stelle’ li affianca anche nell’ultimo singolo ’Mondo panico’, fosse apparentato fin dalle origini con le rime e i ritmi sincopati. Ma Maurizio Carucci, leader e frontman del gruppo, ricorda come all’inizio Alberto ’Pernazza’ Argentesi (qualcuno lo rammenterà come Coniglio del ’Chiambretti Night’) si divertisse a rappare, "anticipando la moda e quindi rimanendo un incompreso, ma noi sperimentavamo". Oggi quindi è quasi un ritorno alle origini, peraltro intervallato dalle collaborazioni con altri rapper com’è successo con Willie Peyote in ’La nostra pelle’ e con Jake La Furia in ’Gli occhi della luna’.

Fabri che quid in più ha aggiunto?

"La sua grande capacità di sintesi in slogan che sono frasi granitiche e provocatorie. Gli altri con cui abbiamo collaborato non l’avevano".

E l’idea del nitrito di chi è?

"Non sono io l’agricoltore del gruppo? Ho sempre amato gli animali e quindi quando riesco a convogliare nella musica la loro presenza sono felice. Il cavallo in più emette un suono non familiare, misterioso, che incuriosisce".

’Mondo panico’ che messaggio manda?

"L’ho scritta come una pacca sulla spalla da dare a chi si rende conto di vivere in un mondo insostenibile, insopportabile. Per la prima volta nella storia siamo immersi in un flusso continuo di input e informazioni da cui personalmente non so astrarmi e ciò mi fa soffrire".

Fatica e gavetta hanno però sempre contraddistinto il vostro percorso...

"Siamo nati in quelle salette puzzolenti e umide dove fare musica era un gioco e ogni volta che ci lasciavamo ci chiedevamo se ci saremmo mai più rivisti. C’era però la giovinezza ad alleggerire il clima d’incertezza. Non ci si pensava al domani. Ultimamente la prospettiva è cambiata".

Da appassionato camminatore da che parte del crinale crede di essere arrivato?

"Come Otaghi credo che siamo a un fine tappa, e già esserci riusciti è una buona notizia. Sappiamo di averne altre davanti e stiamo guardando le mappe per il tragitto che ci prepariamo a fare prossimamente".

Quest’anno è stato particolarmente prolifico con l’uscita di tre singoli, ’Con te’, ’La fine’ e, appunto, ’Mondo panico’. Quale è destinato a diventare uno dei vostri evergreen?

"“Con te“ rimarrà, la faremo anche tra dieci anni perché la gente vuole da noi canzoni d’amore e io che le scrivo ne sono particolarmente coinvolto: trovo in questo sentimento qualcosa di incredibilmente misterioso".

Nel comporre cosa prevale tra armonia, melodia e parole?

"La loro giusta commistione dà i risultati più riusciti. Prendo ancora una volta a esempio ’Con te’ dove il ritmo non penalizza il testo. ’Dolce Venere con occhi scuri Il corpo cenere, e ancora brucia’ sono versi di qualità a riprova che la leggerezza non sempre è sinonimo di banalità".

I modelli delle radici?

"Noi quattro ragazzetti in una sala popolare di quartiere a Genova che inventavamo il pop in un’epoca di hardcore e screamo, di canzoni urlate a tutto volume cui opponevamo le chitarre acustiche, guardavamo a Bruno Lauzi, forse tra i più appartati e meno esplorati della scuola genovese ma dotato di un’ironia, una leggerezza... ’Al mercato dei fiori’ con la lei che di tutto si occupa tranne che del suo lui è della stessa pasta della nostra ’La fine’ che, non sembra, ma parla di cambiamenti climatici, preannuncia la catastrofe. Il mood è quello".

Lei ha sperimentato il solismo con ’Respiro’, Francesco Bacci ha salutato il gruppo. Adesso quale spazio interiore vi accomuna?

"Forse non siamo grandi musicisti ma siamo di sicuro persone serie per cui quando c’è qualcuno che ha voglia di sperimentare in solitudine lo lasciamo andare. Se ci siamo ritrovati quindi è proprio per il desiderio di rifare gli EX-Otago. Ogni disco per noi è la fine di un percorso che non dà per scontato il rincontrarci. Invece è accaduto e non c’è singletudine che tenga. Gli Ex-Otago tali sono solo quando sono insieme".

Sanremo è vicino a Genova...

"Noi scriviamo musica e se qualche proposta che facciamo ascoltare piace e ci porta all’Ariston ben venga. Potenzialmente abbiamo un genere che si sposa bene con il clima del festival. Se accade sarà una gioia, ma non è tra le nostre priorità".

A Sanremo approda il mainstream. Vi sentite in sintonia con l’onda nazionalpopolare?

"Il mainstream l’abbiamo incrociato durante il nostro percorso ma senza pensarci. Facciamo pop da sempre, anche quando chitarre e voce avevano pochissimo spazio. Però il nostro pubblico ci ha sempre amati ed è stata la spinta a farci proseguire. Se arriveremo ad ancora più gente benissimo. Però ciò non significa essere mainstream, spesso un genere che ha regole precise per sfondare ma non è sempre di buona qualità".

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