Mercoledì 24 Aprile 2024

Nuovo cinema Bersani: "Canzoni come film"

Festeggia 50 anni con un nuovo disco. "Da piccolo volevo fare il regista horror, scappai di casa in autostop per incontrare Dario Argento"

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Milano, 2 ottobre 2020 - Nuovo Cinema Bersani. Samuele riavvolge la pellicola del film interrotto sette anni fa sui titoli di coda dalla sua ultima fatica formato cd Nuvola numero nove e punta la macchina da presa su dieci nuove storie dagli umori volubili impigliati in canzoni d’amore “altamente nocive” per i cuori già troppo pulsanti.

Buio in sala, dunque, la proiezione riprende. "Il titolo dell’album Cinema Samuele nasce da uno dei complimenti più belli che mi sia mai capitato di ricevere; me l’ha fatto una ragazza definendo le mie canzoni dei piccoli cortometraggi per non vedenti" spiega Bersani, 50 anni proprio ieri. "Mi piace, infatti, l’idea che le mie siano storie da vedere ad occhi chiusi". Lo saranno pure ad occhi spalancati quando a primavera, Covid permettendo, l’uomo dei giudizi universali le porterà nei teatri. Debutto il 18 aprile a Milano per proseguire in tutta Italia con tappe pure a Bologna il 3 maggio e Firenze il 10.

Nel libretto del disco si sente in bisogno di ringraziare quelli che l’hanno aspettata e “chi in tutto questo tempo non mi ha mai chiesto se avessi smesso di scrivere canzoni”. Perché?

"Se di questi tempi è rischioso sparire già per sette mesi, perché la gente si dimentica, figuriamoci per sette anni. Ma non riuscivo più a scrivere. Forse perché avevo scritto troppi sms per raggiungere il cuore di qualcuno e la cosa aveva finito con lo spegnermi pure dal punto di vista professionale".

Cose che capitano a chi ha a che fare con la creatività.

"Ho cominciato a traslocare, prima due anni a Milano, poi uno a Parma, ma alla fine sono tornato a vivere a Bologna, città che mi ha dato (e m’ha fatto scrivere) tantissimo".

Si evince pure dalla copertina di Paolo De Francesco.

"Dentro una mia immagine notturna ci sono le finestre illuminate del condominio che ho nella testa e luoghi evocativi della città come la Fontana del Nettuno o Piazza della Stazione con l’orologio fermo sulle 10.25".

Un porto sicuro degli affetti.

"Posso fare a meno di scrivere canzoni ma non posso fare a meno di stare bene in amore. Avevo creduto nella storia di En e Xanax, ma alla fine gli unici En e Xanax che conosco sono i miei genitori che stanno assieme da sessant’anni".

Quando ha ritrovato il bisogno di scrivere?

"Appena rientrato da Ginostra dove, lontano da tutto e da tutti, avevo pensato di mettermi al lavoro sul nuovo album; luogo bello e selvaggio che ha spinto, però, i musicisti ad ammutinarsi dopo appena ventiquattro ore. Così abbiamo rimpacchettato tutto e siamo tornati a casa. Una volta rimesso piede a Milano, ho scritto Pixel di getto ed è stato bello sentirmi nuovamente nella mia bottega d’artigiano a cucire le mie canzoni di cuoio".

L’intervista racconta la storia di un giornalista che incontra un Supremo Artista dal tono scocciato e l’alito terribile.

"C’è chi usa le interviste per crearsi un personaggio e puoi incontrare artisti già spocchiosi a vent’anni. Da questo punto di vista, io ho avuto il maestro sbagliato, perché fra le tante cose che Lucio Dalla mi ha insegnato c’è stata pure l’umiltà".

Il blackout raccontato in Harakiri è un po’ quello dei tempi?

"Già, ma nella mia visione il buio che tutti abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo, è sempre mitigato dal taglio di luce che filtra da sotto la porta di quella che immagino essere un’uscita d’emergenza".

Nota positiva...

"La speranza è che queste nuove canzoni, come nel video di Harakiri, contribuiscano ad illuminare lo schermo che abbiamo davanti agli occhi".

C’è da sperarlo.

"De André diceva che il migliore degli uomini è quello che passa in mezzo a tutti i disagi possibili e pure io la penso così".

Che registi ci sono nella locandina della multisala vagheggiata in questo nuovo album?

"Tutti quelli che continuano a tenere compagnia alla mia immaginazione e che elenco nella copertina interna, a cominciare da Tarantino, Pasolini, Kubrick e il Fellini di Amarcord. D’altronde sono sempre quello che da ragazzo voleva fare il regista di film horror e a 15 anni scappò di casa in autostop per andare a incontrare Dario Argento a Roma".

 

 

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