
Ilaria Gaspari
I Dieci Comandamenti sono molto più che precetti religiosi: sono archetipi, fondamenti culturali che l’arte ha interrogato per secoli. Per la narrativa italiana, nella collana “Dieci Comandamenti” (Rizzoli), dieci scrittrici reinterpretano i dieci precetti in libertà stilistica e concettuale. Ilaria Gaspari, ospite del nostro vodcast “Il piacere della lettura”, con L’Hotel del tempo perso si è immersa nel comandamento “Non rubare”. Ebbene sì, come suggerisce il titolo, anche il tempo si può rubare o perdere. "Mi piacciono le cose bizzarre", confessa la scrittrice. Ed è bizzarro, ma lucidissimo, pensare al tempo come qualcosa che può essere sottratto, dilapidato, oppure nascosto sotto pile di doveri. Il suo romanzo è un giallo metafisico dove il furto non riguarda gioielli o denaro, ma ore, giorni, vite. Non è un caso che tutto si svolga in un hotel termale fuori dal tempo, abitato da personaggi misteriosi convocati senza sapere il perché. Un po’ Agatha Christie, un po’ Dante (l’esergo di ogni capitolo è tratto dal Purgatorio), un po’ diario intimo.
"Ho scelto io il comandamento “Non rubare“, ero convinta che non l’avesse scelto nessuno. E infatti era ancora lì, libero" racconta. Ma non è il furto che ci aspetteremmo: è il tempo che se ne va mentre stiriamo, mentre ci prendiamo cura degli altri, mentre diciamo "lo faccio dopo" e quel dopo non arriva mai. È il tempo che si perde anche senza divertirsi, perché il tempo non aspetta nessuno.
Il cast del romanzo viene presentato come una pièce teatrale. Tra gli altri, Riccardo Manzetti, scrittore incompreso che accusa il mondo di non apprezzare il suo genio. Uno che crede che le donne non sappiano scrivere perché hanno meno talento. "Applicava alla letteratura lo stesso metro ottuso che gli faceva sostenere che le donne non sapessero cucinare perché i grandi chef non si annoverano fra gli stuoli di nonne armate di mattarelli". Una battuta che denuncia con precisione chirurgica quel sessismo ancora troppo vivo in ambito letterario.
"Si parla di narrativa femminile – dice Gaspari – ma mai di narrativa maschile. Come se quella scritta dagli uomini fosse neutra, universale. Eppure, anche noi siamo tante, diverse, sorprendenti".