Mercoledì 24 Aprile 2024

"Nessuno mi può consolare: papà si uccise"

Le confessioni di Caterina Caselli. La tragedia che la colpì a 14 anni ( "Mamma non ha mai voluto che si parlasse del suicidio") e il tentato rapimento del marito

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di Beatrice

Bertuccioli

Quel giorno il papà l’aveva accompagnata a scuola. Non lo faceva mai perché andava da sola, con la sua bicicletta. Ma quel giorno il papà aveva voluto così. "Mi raccomando, studia. Studiare è importante", le aveva detto, salutandola. Non l’avrebbe più rivisto, perché quel giorno il papà, sofferente di una grave forma di depressione di cui nessuno si era reso conto, si tolse la vita.

Caterina Caselli, che allora aveva 14 anni, non ne aveva mai parlato, lo aveva tenuto sepolto dentro di sé quel ricordo tanto doloroso. Lo fa per la prima volta, la voce spezzata dalla commozione, nel documentario Caterina Caselli – Una vita, cento vite, regia di Renato De Maria, presentato ieri in anteprima alla Festa del Cinema e nelle sale il 13, 14 e 15 dicembre.

Un passaggio folgorante il suo, nel mondo della canzone fine anni ’60, quelli del Piper, e del beat. Quattro anni soltanto, segnati da successi come Nessuno mi può giudicare, Perdono, Cento giorni, Insieme a te non ci sto più finché nel 1971, “casco d’oro“, come veniva chiamata per il suo caschetto di capelli biondi, sposa Piero Sugar, della dinastia della mitica casa discografica Cgd, e addio scene. E via con la carriera di talent scout, da Elisa a Bocelli.

Nel doc appare al pubblico al naturale, i capelli corti che stanno ricrescendo, dopo la malattia di due anni fa che aveva nascosto sotto una parrucca. Signora Caselli, ha deciso di raccontarsi senza filtri.

"È stato possibile grazie a Renato De Maria. Non ci conoscevamo, ma già dal primo incontro ho capito che mi potevo fidare di lui, come fosse un fratello. Ho quindi pensato che mi sarei potuta raccontare seguendo la mia parte emozionale, scavando dentro di me, anche su un periodo di dolore molto forte. Quando raccontavo, per me non c’era lui, non c’era la telecamera, non c’era il tecnico del suono, non c’era nessuno".

Soltanto lei con i suoi ricordi.

"Ero da sola con il mio racconto. Ho scavato dentro di me e ho raccontato senza filtri il dolore che avevo provato, e che non avevo mai raccontato prima. Non l’avevo mai raccontato perché, quando è accaduto – avevo 14 anni – la società era spietata se in una famiglia accadeva un fatto così. Addirittura a volte i funerali non si celebravano in chiesa, quando c’era un suicidio. È stato un momento molto, molto difficile. Soltanto adesso ho raccontato tutto questo e l’ho fatto come se fossi davanti a uno psicanalista. Forse avevo anche bisogno di raccontarlo, dopo averlo tenuto celato tanti anni, anche perché mia madre non voleva che se ne parlasse".

Si è commossa il primo giorno del ciak?

"Sì, è arrivato nel giorno della morte del mio carissimo Ennio Morricone".

Lasciando così presto la carriera non pensa di avere sacrificato il suo talento di cantante?

"Nel periodo in cui ho fatto la cantante, sono stata felice. Molto felice. È stato anche un periodo molto intenso, sembrano tanti anni e invece sono stati soltanto quattro. C’è una cosa, però, che non tutti sanno".

Quale?

"C’era una parte di me che quando mi esibivo con il mio gruppo, era felice, contenta. Mi inebriavo per la risposta del pubblico, tanta adrenalina, sempre a mille. Per contro, però, tutte le volte che c’erano competizioni, soffrivo moltissimo. La competizione mi metteva molto a disagio e in quelle occasioni, spesso, non davo il meglio di me. Mentre quella parte lì bisogna anche saperla affrontare, perché fa parte del lavoro".

E così ha deciso di non esibirsi più.

"Mi sono innamorata e poi ho avuto un figlio e mi sono dedicata a lui. In famiglia abbiamo affrontato anche momenti molto duri, come il tentativo di sequestro di mio marito e di mio suocero Ladislao nella stagione dei rapimenti: tentativo fortunatamente andato fallito grazie alla presenza di spirito di mio marito. Ma è sempre restato dentro me quello che definisco “il richiamo della giungla“. Il richiamo a far qualcosa. E quel qualcosa era una intuizione, un fiuto per i talenti che ho dimostrato anche quando cantavo. Ad esempio, durante la trasmissione che feci con Giorgio Gaber, portai Francesco Guccini. Perché quando ascoltavo qualcuno che secondo me aveva talento, sentivo l’urgenza di farlo conoscere agli altri".

Una strada segnata?

"Quando cantavo, avrei potuto essere gelosa, e invece non lo sono mai stata. Il talento per me è una cosa importante e tutti devono venirne a conoscenza, perché il talento dà, dona. È timido, democratico, e prima o poi emerge. Così ho scelto: sempre musica, ma basta competizioni, per me veramente dure. Valorizzare talenti nei quali si credeva e che poi hanno avuto successo, è stato altrettanto importante e appagante".

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