
"Che cosa è oggi la città, per noi? Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili sono un segno che nasce dal cuore delle città invivibili. Oggi si parla con eguale insistenza della distruzione dell’ambiente naturale quanto della fragilità dei grandi sistemi tecnologici che può produrre guasti a catena, paralizzando metropoli intere. La crisi della città troppo grande è l’altra faccia della crisi della natura. L’immagine della megalopoli, la città continua, uniforme, che va coprendo il mondo, domina anche il mio libro. Ma i libri che profetizzano catastrofi e apocalissi ce ne sono già tanti; scriverne un altro sarebbe pleonastico, e non rientra nel mio temperamento, oltretutto": Italo Calvino, Presentazione de Le città Invisibili, 1972.
L’Annale 2023 della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli è intitolato La città invisibile. La sua uscita coincide con il centenario della nascita dell’autore de Le città invisibili, ho cercato quindi una citazione tra le magnifiche descrizioni delle città dal nome di donna, e sono alla fine tornato alla sua presentazione, così profetica e così coerente con l’atteggiamento che avrei voluto assumere di fronte ai nuovi fenomeni che interessano le città. Le città stanno cambiando rapidamente e profondamente, forse, dopo l’indiscutibile successo che hanno conosciuto negli ultimi 50 anni, dopo la crisi urbana degli anni ’70 legata a deindustrializzazione e invecchiamento, sono di nuovo in difficoltà. Molti fenomeni che le stanno trasformando sono invisibili o poco visibili. Per comprenderli è necessario scavare, guardare alla coevoluzione di dimensioni dell’urbano che vengono di norma analizzate separatamente, spesso senza considerare le reciproche influenze e il loro impatto sullo spazio e sulla società. (...)
Al centro delle trasformazioni poco visibili, perché di straordinaria velocità e sostanzialmente immateriali, stanno tutti i fenomeni legati alla digitalizzazione, che hanno prodotto profonde conversioni nell’economia delle città e che hanno reso disponibili una enorme quantità di dati come mai prima era stato; con questa disponibilità si sono costruiti algoritmi che hanno reso possibile l’esplosione della cosiddetta economia delle piattaforme, con nuovi modelli di business capaci di modificare dall’interno servizi privati e politiche pubbliche. Esistono poi popolazioni invisibili, delle quali paradossalmente si parla molto – come nel caso degli anziani – secondo schemi che appaiono però in gran parte superati. I progressi della medicina ci hanno messo di fronte ad un cambiamento delle stagioni della vita e all’esplosione del fenomeno dei grandi anziani soli, dei quali in passato si occupavano le famiglie, e che ora, senza quel supporto, si chiudono in casa, diventando invisibili ad una città e ad un sistema dei servizi che per occuparsene dovrebbero cambiare profondamente.
All’opposto ci sono i giovani ed in particolare il milione e mezzo di figli nati in Italia di famiglie straniere, resi invisibili perché privati di cittadinanza in nome di una politica miope che vuole bloccare l’inclusione di una generazione che potrebbe essere energia per una nazione in forte contrazione demografica. Ma il tema dell’esclusione ha anche dimensioni più generali, nei processi di polarizzazione che stanno ridisegnando i rapporti tra gruppi sociali nella città, in modo assai diverso dal passato, con una fragilizzazione del ceto medio, la crescita di una popolazione quasi invisibile fatta di rider, badanti, colf, addetti alle pulizie, alla manutenzione e alla logistica, cui si contrappone una ristretta cerchia di popolazioni ad alto reddito, legate alla finanza ed alle reti globali.
Invisibili sono anche molte ricadute sullo spazio e sul suo governo. La città si è estesa sul territorio, ma gli enti di governo ricalcano ancora confini amministrativi ottocenteschi con l’incapacità di trattare le nuove questioni alle diverse e mutevoli scale cui i problemi si presentano. L’attività di pianificazione urbanistica è vittima della crisi della finanza pubblica locale e della spinta alla assunzione di una attitudine imprenditoriale delle amministrazioni a supporto della competizione tra le città. (...)
E invisibili, questa volta come un segnale di speranza, sono le molte iniziative dal basso che affrontano i problemi dell’esclusione, dell’abbandono, della periferia e del nuovo uso delle reti, nella direzione opposta a quella delle piattaforme di controllo. Alla fine di questa esplorazione scopriamo che la città invisibile può costituire una risorsa per la costruzione di nuove politiche urbane: c’è una straordinaria convergenza nelle riflessioni che si stanno misurando con i problemi della crisi climatica, della crisi legata alle crescenti disuguaglianze, degli effetti della pandemia, attorno alla convinzione che i luoghi e la cura dei luoghi possano essere una chiave per uscire da una situazione destinata a danneggiare sempre di più il rapporto tra spazio e società, tra urbs e civitas. Possiamo trovare elementi per costruire progetti e politiche capaci di renderle più inclusive, abitabili ed accoglienti per tutti. Anche questo, in fondo, è come scrive Calvino, un atto "d’amore alle città…un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili".
* Urbanista, curatore dell’Annale della Fondazione Feltrinelli
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