
Un colosso dei tempi del juke-box. Scomparso ieri mattina in una clinica romana a 92 anni, Franco Migliacci rimane, assieme e Mogol, l’autore più influente musica italiana fuori dall’area protetta della canzone d’autore. Il “paroliere”, usando un termine poco consono al suo status musical-letterario, del più dirompente inno sanremese della storia, quella Nel blu dipinto di blu arrivata nel ‘58 (complice l’Eurovision) a proiettare Domenico Modugno e la melodia italiana verso la modernità, spalancandole le porte del successo planetario con le sue 5 settimane di permanenza al primo posto della classifica americana, le due statuette incassate nel ’59 sul palco della prima edizione dei Grammy Awards, e i 22 milioni di copie vendute ad ogni latitudine. Secondo alcune classifiche, la quinta canzone più venduta di sempre.
Un volo "nel cielo infinito" suggerito a Migliacci, nato a Mantova il 28 ottobre 1930 ma trapiantato in Toscana (a Cortona il paese sulla collina disteso come un vecchio addormentato di un altro suo grande successo), dalle riproduzioni di due tele di Marc Chagall – Le coq rouge e Le peintre et la modelle – che aveva in casa. Titolo provvisorio del brano Sogno in blu, trasformato poi in Nel blu dipinto di blu.
Migliacci, divenuto pure presidente Siae tra il 2003 e 2005, che aveva iniziato il suo cammino disegnando storie sulle pagine di giornali per bambini come Il Pioniere diretto da Gianni Rodari, aveva conosciuto Modugno nel ’52, durante i provini di un film di Francesco De Robertis Carica eroica, divenendo suo amico inseparabile. "Ero bravo a imitare gli attori e così, oltre all’illustratore, facevo il doppiatore (pure di Klaus Kinski, ndr)" ci raccontò una volta.
"Modugno m’incoraggiava e mi sosteneva come un fratello maggiore e io non vedevo l’ora di poter ricambiare tutta questa premura. Di sdebitarmi. Così, un giorno, uscendo da un bar di Piazza del Popolo gli dissi che m’era venuta l’idea di un testo che cominciava dicendo “penso che un sogno così non ritorni mai più, mi dipingevo le mani e la faccia di blu, poi d’improvviso venivo dal vento rapito e cominciavo a volare nel cielo infinito…“. Bastò questa frase per renderlo euforico, balzammo sulla sua auto scoperta e lui, con le braccia spalancate verso il cielo, disse con voce concitata: andiamo a Sanremo con questa canzone e lo vinciamo. “Volare oh-oh“ usci fuori proprio in quel momento. Poi si sedette al posto di guida e disse: questo sarà il nostro volo".
Negli anni ’60, Migliacci cominciò a collaborare con altri artisti scrivendo, tra gli altri, per Mina (Tintarella di luna), Fred Bongusto (Una rotonda sul mare, Spaghetti a Detroit), Rita Pavone (Come te non c’è nessuno), Patty Pravo (La bambola), Nada (Ma che freddo fa, Il cuore è uno zingaro). Una verve creativa trascinata negli anni ’70 producendo i primi tre album di Renato Zero, negli ’80 grazie all’Eduardo De Crescenzo di Ancora come allo Scialpi di Rocking Rolling. Tra i ’70 e gli ’80a pure le sigle di cartoni animati come Heidi, Le nuove avventure di Lupin III e Mazinga. Negli anni ’90 l’“invenzione” di Ambra Angiolini cantante grazie a T’appartengo.
Ma il sodalizio più forte di Migliacci, che lascia la moglie Gloria Wall e tre figli, sarebbe rimasto quello con Gianni Morandi, grazie a canzoni come Andavo a cento all’ora, Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, In ginocchio da te o la mitica C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones.
"Con lui se ne va una persona che ha cambiato completamente la mia vita e la mia carriera" Gianni. "A Franco, oltre alla profonda stima, mi ha sempre legato un grandissimo affetto personale. È stato lui, nei primissimi anni ’60, a convincere la casa discografica Rca italiana a credere in me e ha scritto per me i brani più importanti della mia carriera, compreso quella Uno su mille che, negli anni ’80, mi ha riportato al successo dopo un lungo periodo di crisi. Gli sarò per sempre grato e sono certo che le centinaia di canzoni che ha scritto lo manterranno vivo nella memoria di tutti noi".