Giovedì 25 Aprile 2024

Naufrago ed eroe: il giovane Jfk a Guadalcanal

In una notte di agosto del ’43, il luogotenente Kennedy salvava l’equipaggio della sua motosilurante speronata da un incrociatore giapponese

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di Cesare De Carlo

Domenica scorsa un aereo del governo australiano ha preso terra a Honiara, Guadalcanal, capitale delle isole Solomon, Pacifico meridionale. A bordo il ministro degli Affari del Pacifico, Pat Conroy, la vice segretario di Stato Usa Wendy Sherman e l’ambasciatrice americana a Canberra, Caroline Kennedy. La presenza della prima equivaleva a un monito. Destinatario il regime comunista cinese: un attacco a Taiwan comporterebbe una reazione americana come nel dicembre 1941, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor (Hawaii).

SACRIFICIO E EROISMO

Patriottica e emotiva invece la presenza di Caroline Kennedy, nata nel 1957 quando il padre, appena quarantenne era già in Senato. Proprio il 7 agosto 1942, ottant’anni fa, era cominciata la battaglia per Guadalcanal. Prima vittoria americana. Rovesciò le sorti nella guerra del Pacifico. Più importante l’aspetto familiare. L’ambasciatrice intendeva ringraziare i discendenti di coloro che salvarono la vita al padre. Così i giornali hanno rispolverato una vicenda che sa di sacrificio e eroismo. All’allora giovane luogotenente della US Navy fruttò il Purple Heart, la più alta onorificenda militare, e soprattutto la gratitudine del suo equipaggio. All’epoca John, detto Jack, Kennedy era riuscito a entrare alla Naval Academy di Annapolis a dispetto di una colonna vertebrale compromessa. Football americano. Ma il padre Joseph, ambasciatore a Londra, aveva buone entrature. Un altro figlio, il primogenito Joseph junior era già ufficiale, top gun. Sarebbe stato abbattuto. Era l’inizio del 1941. L’Europa era in guerra già da un anno e mezzo. Il presidente Roosevelt intendeva restarne fuori. Ma le previsioni volgevano al brutto. Soprattutto nel Pacifico, dove i giapponesi si erano impadroniti della Cina, delle Filippine, della penisola indocinese, Malesia e della miriade di arcipelaghi sino all’Australia. Ovvio che prima o poi gli americani sarebbero intervenuti per non rimanere soffocati. E così l’impero nipponico giocò di anticipo e attaccò di sorpresa la flotta americana a Honolulu.

BATTAGLIA INFERNALE

Storia conosciuta. Meno conosciuta la storia personale di John F. Kennedy, il giovane luogotenente che sarebbe diventato presidente e ucciso a Dallas, Texas, il 23 novembre 1963. Dunque John esce da Annapolis e si vede confinato in un ufficio del servizio informazioni. Smania per andare a combattere e finalmente all’inizio del 1943 viene accontentato. Gli assegnano il comando di una grossa motosilurante ‘’PT-109’’ , 14 marinai, e lo mandano appunto a Guadalcanal. La battaglia è devastante. Quasi 5 mila americani caduti contro 30 mila giapponesi. Altre migliaia da una parte e dell’altra morti per malattie, serpenti velenosi, scorpioni, eccetera. Comunque alla fine i marines del generale Alexander Vandergrift ce la fanno. Ma non è finita. I giapponesi preparano una controinvasione. Controllare Guadalcanal significa bloccare le comunicazioni fra Stati Uniti e Australia. Quella di John e le altre motosiluranti debbono nascondersi fra le isole e attaccare le unità nemiche contando solo sulla velocità.

ISOLA DESERTA

La notte tra l’1 e il 2 agosto 1943 John – che a maggio ha compiuto 26 anni – lancia i suoi siluri contro una sagoma in avvicinamento. La manca. La nave è un incrociatore. Sperona la ‘’PT- 109’’. Due americani muoiono subito. John e altri dieci si aggrappano ai rottami e così rimangono sino alle luci dell’alba. Sullo sfondo il profilo di un’isola. Distanza 6 – 7 chilometri. John ordina di mettersi a nuotare. Un suo marinaio è ferito. Gli passa un salvagente attorno alla vita, lo lega a una corda, tiene la corda fra i denti mentre nuota. Era l’unico che lo potesse fare. Al college era un grande nuotatore. Raggiunge stremato dopo sei ore la spiaggia lontana. Con lui altri dieci marinai. Ma è una piccola isola, deserta. Non c’è nemmeno una noce di cocco. Sullo sfondo un’altra isola. John dice: voi rimanete qui, io ci provo. Il primo tentativo fallisce. Dopo qualche altro giorno si rimette in acqua insieme con altri due. E finalmente ce la fanno. Sulla seconda isola ci sono alberi di frutta e acqua di cocco. Incontrano due pescatori. Urlano: America, America. I due fuggono. Ma il giorno dopo li rivedono, sono andati nella prima isola e hanno preso a bordo gli altri superstiti. A quel punto: come avvisare il comando neozelandese in un’altra isola a 50 chilometri?

NOCE DI COCCO

I pescatori gli propongono di caricarlo sulla loro barca. Pericoloso. John preferisce affidare loro un messaggio inciso sulla scorza di un cocco. Questo: "Nauro isl... commander... native knows pos’it... he can pilot... 11 alive... need small boat... kennedy". Il messaggio arriva alla base di Rendova. Ancora alcuni giorni e una fregata carica i protagonisti dell’odissea. A metà ottobre John Kennedy è di nuovo nel Pacifico al comando di una unità più grande. Fine della storia. Domenica la figlia Carolina ha incontrato la nipote e il figlio dei due pescatori. Ha consegnato loro una medaglia. La noce con il messaggio sarebbe finita sulla scrivania di JFK nello studio ovale della Casa Bianca.

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