Mercoledì 24 Aprile 2024

Myrta Merlino: "Ridarei schiaffo a Strauss-Kahn. Ma niente ipocrisie, la bellezza aiuta"

La giornalista che conduce 'L’aria che tira' si racconta: tre figli, due matrimoni e la storia con Tardelli. "L’ex ministro francese provò a baciarmi, lo rimisi al suo posto. Però un lumacone non è uno stupratore"

Myrta Merlino, giornalista e conduttrice

Myrta Merlino, giornalista e conduttrice

Chi lavora con lei a volte non regge i ritmi e scappa. La chiama "esigente passione". Ammette di essere "una rompicoglioni" guidata dall’odore della notizia e dal senso del dovere. I tre figli le dicono di smettere. Anche il dottore, perché il corpo a un certo punto si arrende. All’amore della sua vita va bene così, basterebbe che andasse piano con il cioccolato e la Coca Cola. Marco Tardelli è l’unico che riesca a contenerla. È lui a ricordare i dettagli, come il vestito di quando la vide per la prima volta: "Una maglietta a strisce, sembravi un gondoliere". Cinquantadue anni, mani da pianista, due matrimoni, due ore e mezza di conduzione al giorno su La7. L’aria che tira è Myrta Merlino. Non un venticello. "Sono piena di asprezze, ma vera. E non faccio male alla gente".

Margaret Thatcher sosteneva che non si ottiene mai nulla senza fare un po’ di casino. Lei ha ottenuto molto. Quanto casino ha dovuto fare? "Non ho un’idea bellicosa della vita, però ogni tanto è necessario sbroccare. Ursula von der Leyen, per esempio, ha sbagliato a non dare di matto quando Erdogan l’ha fatta accomodare sul sofà. Si è comportata da brava signora delle istituzioni, femminile e responsabile. È quell’approccio educato al potere che finisce per diventare una piccola maledizione. Avrebbe dovuto dirgli: venga da me a Bruxelles e parliamone. Abbiamo bisogno di gesti plastici, di tante Rosa Parks che non cedono il posto sull’autobus".

Donne che sfidano la tempesta, come quelle del suo ultimo libro. Inchiodate, scrive lei, all’avverbio "ancora". "Un serbatoio di energia potentissimo, peccato che questo Paese se ne freghi. È come avere il petrolio e non sfruttarlo. Dobbiamo farne ancora parecchio di casino. Spaccare muri, sfondare tetti. Possibilmente in squadra, cosa che è riuscita benissimo ai gay e a noi viene male perché facciamo le difficili sulla maglia da titolare: questa non la voglio perché è antipatica, quella non ha ancora chiesto scusa".

Lei infatti era sola quando rifilò il memorabile ceffone al ministro dell’economia francese Strauss-Kahn. "Sola, giovane e fiera di avere ottenuto un’intervista fondamentale per la mia carriera. Lui, un maiale. La tracotanza del potere. Mi invitò nella sua suite a Davos, usava così. In vestaglia e con lo champagne in mano. Cercò di baciarmi e lo misi al suo posto".

Che scena. E che coraggio il piccoletto di fronte al suo metro e ottanta. Perché non lo denunciò? "Non ne feci un dramma. Un lumacone non è uno stupratore e questa differenza andrebbe sempre ricordata. È violenza mettere una mano sul sedere a una donna che lavora? Io penso di no. È un costume odioso ed è contro quel costume che dobbiamo lottare tutte assieme. In America ormai siamo al paradosso, un uomo è terrorizzato di salire in ascensore con una signora. Non siamo ipocrite: a tutte piacciono i complimenti. E una bella ragazza può avere vita più facile. Per dire: se fossi stata maschio e in sovrappeso penso che un Guido Carli non mi avrebbe neanche presa in considerazione".

Questo è un terreno minato… "Sciocchezze. Sto dicendo che essere belle aiuta e chi pensa il contrario si prende in giro. Aiuta ma non è una scorciatoia. Si fa qualche metro in più all’inizio e poi se manca la sostanza si paga tutto. In Rai assistevo ai sorpassi quotidiani della furbetta di turno. E pazienza. La mia è la carriera della formica, briciole messe faticosamente insieme. Non condurrò mai Sanremo, ma quello che ho è roba mia e mi rende forte".

Che aria tira a La7? "Eccellente. All’editore interessa solo che i programmi costino poco e vadano bene. Si lavora in ristrettezze, asticella alta e competizione cruda. Il massimo per me".

Ha ammesso l’imprinting formidabile di Giovanni Minoli. Adesso qualcuno dice che sta diventando Bruno Vespa. "Minoli ha visto in me cose che non sapevo di avere. Mi ha fatto firmare il primo contratto quando ero incinta di Pietro e Giulio (i gemelli nati dal primo matrimonio con Domenico Tucci, ndr ). Dicevo: non ce la posso fare. E lui: devi. Niente sconti, orari, scuse. Zero cortesia. Sono diventata esigente per forza. E faticosa per gli altri. Se guardo indietro non so come ho fatto. Avevo 27 anni quando mio marito Mimì entrò in coma dopo un brutto incidente. Ho partorito da sola e sola sono rimasta durante la sua convalescenza difficilissima. Detestava il pianto dei bambini, aveva reazioni incontrollate. Ho scelto di salvare la vita a me stessa e ai miei figli. Ho lasciato Napoli e sono partita per Roma, biasimata da tutti. Facevo i salti mortali sempre sull’orlo del panico ma i piccoli erano il mio superpotere. Per questo dico alle ragazze di non rinunciare a diventare madri. È faticosissimo, ma le ambizioni si possono conciliare".

Poi è arrivato il matrimonio con Domenico Arcuri. È arrivata Caterina, che ha vent’anni. E la morte di sua madre, quel buco che non si riempie più. "Dopo due matrimoni e tre figli mi ero adagiata in una specie di anestesia sentimentale. Per fortuna la vita ha più fantasia di noi. È arrivato Marco e mi sono concessa il lusso straordinario di innamorarmi di nuovo. A 47 anni con lui mi sono sentita finalmente a casa. Ho perfino fatto pace con i miei capelli. Vorrei riuscire a giocare di più a tennis, le ore al Foro italico sono la mia psicoterapia. Dovrei mangiare meno schifezze, ha ragione lui. E fermarmi ogni tanto, non solo perché mi vengono la febbre e la tonsillite. Francesco Le Foche, il mio immunologo, mi ricorda che anche i giacimenti petroliferi si esauriscono. Però non sono sicura di potere vivere in un altro modo".  

 

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