Andar per mostre a Pasqua: da Torino a Roma, gli appuntamenti da non perdere

Arte, cosa vedere nei musei e nelle gallerie d'Italia, ma non solo: viaggio nella grande bellezza Previsioni meteo Pasqua e Pasquetta 2018, cosa dicono gli esperti Pasqua 2018, cinque mete vicine. Low cost (e non solo)

Joseph Mallord William Turner, Venezia, guardando attraverso la Laguna al tramonto, 1840

Joseph Mallord William Turner, Venezia, guardando attraverso la Laguna al tramonto, 1840

Firenze, 26 marzo 2018 - Boris Zaborov, la malinconia nello spazio del silenzio. All’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze

Di un lirismo profondo, sconfinato che attinge alla grande anima russa e si sostanzia di una tecnica straordinaria». Così Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, descrive la pittura di Boris Zaborov, artista russo di fama internazionale, protagonista della personale allestita fino al 30 marzo nella sala delle esposizioni della più antica accademia di belle arti del mondo. Una pittura rarefatta, quella di Zaborov, raffinata e ricca di una spiritualità dalla che lascia trasparire la personalità stessa del maestro; figura singolare, sia per quanto riguarda la storia, sia per la formazione artistica, dove l’impegno di pittore s’intreccia con la grafica, la scultura, la scenografia, il teatro e il cinema. Cavaliere dell’Ordine di “Arte e Letteratura” della Repubblica Francese e Accademico onorario dell’Accademia di Belle Arti a Mosca, per la monografica fiorentina Boris Zaborov ha selezionato 44 opere tra dipinti, disegni e incisioni, oltre a 6 sculture in bronzo, attraverso le quali dichiara ancora una volta il suo legame d’affetto per Firenze, città capace di riportarlo indietro nel tempo, agli anni della formazione accademica. Dopo averci soggiornato in gioventù, nel 2005 ha partecipato alla mostra “Moi - Atoritratti del XX secolo”, voluta da Antonio Paolucci agli Uffizi, con l’opera “L’artista e la sua modella” (1998), acquisito dagli Uffizi tre anni più tardi, grazie all’associazione parigina “One for all artists” per la collezione del Corridoio Vasariano, dov’è stato esposto fino al 2016. In occasione della mostra all’Accademia delle Arti del Disegno, a cura di Giovanna Giusti, l’autoritratto fino a fime mese è nuovamente visibile, alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Classe 1935, Boris Zaborov è nato a Minsk e si è formato all’Accademia di Leningrado, quindi ai Mosca. Nonostante il successo in patria come illustratore e scenografo, soprattutto all’inizio della sua attività, nel 1981 è emigrato a Parigi per “ragioni ideologiche”: pur non parlando francese, rispondendo solo e rigorosamente in russo, sulle rive della Senna vive e lavora da 47 anni. Richiesto astro del firmamento pittorico contemporaneo, Zaborov ha respirato arte nella quotidianità della vita familiare, con gli odori degli oli e delle tele di lino e i tanti quadri visti insieme al padre. Protagoniste dell’esposizione fiorentina 44 opere tra dipinti, disegni e incisioni, oltre a 6 sculture in bronzo di tema biblico (peccato che in alcuni casi le date sui cartellini non corrispondano a quelle indicate sulle opere). Essenziale l’allestimento, dove disegni e dipinti portano il visitatore indietro nel tempo: immagini che sembrano provenire da lontano (“Il cane”, 2012; “Coppia con il bambino”, 1996; “Ritratto di Yakov Frenkel bambino”, 2012), fissate in una memoria arcaica legata ai viaggi e un altro dove. «Le fotografie da studio, queste ombre, mi inquietano - le parole di Zaborov - . Forse il motivo risiede nel mio essere costituzionalmente un lirico e come tale malinconico. Nelle vechie fotografie incontro i miei “sodali”, tristezza e malinconia sono l’espressione che maggioremnte ne caratterizza i volti». Con i suoi personaggi da circo, i bambini, gli animali immersi in atmosfere rarefatte, dai colori sbiaditi che evocano ricordi ed emozioni passate, l’artista propone un rimando alla fotografia d’epoca. Creando nei grandi assemblaggi su carta, un personalissimo e diverso linguaggio artistico.  Boris Zaborov - Lo spazio del silenzio, Accademia delle Arti del Disegno, Firenze - Fino al 30 marzo, ingresso libero- Info 055/219642 o www.aadfi.it

 

Roma: Turner, 92 opere, tra acquerelli, disegni, album e olii

Per la prima volta in mostra a Roma una raccolta di opere esclusive dell’artista inglese Joseph Mallord William Turner: al Chiostro del Bramante una collezione unica, espressione del lato intimo e riservato di J.M.W. Turner (23 aprile 1775-19 dicembre 1851), donata interamente all’Inghilterra e conservate presso la Tate Britain di Londra, e che con questa mostra segna l’inizio di una importante collaborazione con il Chiostro del Bramante. Conosciute oggi come “Turner Bequest”, molte delle opere esposte provengono dallo studio personale dell’artista e sono state realizzate nel corso degli anni per il suo ‘proprio diletto’ secondo la bella espressione del critico John Ruskin. Un piacere estetico e visivo che conserva ricordi di viaggi, emozioni e frammenti di paesaggi visti durante i suoi soggiorni all’estero. Era infatti abitudine dell’artista lavorare sei mesi all’aria aperta durante la bella stagione e solo in inverno chiudersi nel suo studio per riportare su tela i ricordi di ciò che aveva visto dal vivo. Più di 90 opere d’arte, tra schizzi, studi, acquerelli, disegni e una selezione di olii mai giunti insieme in Italia, caratterizzano il percorso espositivo della grande mostra Turner. Opere della Tate dedicata al celebre e rinomato maestro dell’acquerello.  Divisa in sei sezioni, la mostra capitolina invita il visitatore a scoprire cronologicamente l’evoluzione del linguaggio artistico del più grande pittore romantico.  Suddivisa in 6 sezioni, la rassegna celebra il maestro sempre alla ricerca di soggetti e atmosfere da rappresentare come specchio del suo universo interiore, che con la sua pittura ha influenzato più di una generazione di artisti, quali Claude Monet, Caspar David Friedrich, Vincent Van Gogh, Edgar Degas, Paul Klee, Franz Marc, Wassily Kandinsky, Gustav Klimt, Mark Rothko, James Turrell e Olafur Eliasson. Turner, Opere dalla Tate, Roma, Chiostro del Bramante - Fino al 26 agosto - Info 06/68809035 o www.chiostrodelbramante.it

 

“Omar Hassan. L’Essenziale è Invisibile agli Occhi”, nella Reggia Reale di Monza.

L’Orangerie della Villa Reale di Monza ospita la personale dell’artista Omar Hassan: opere inedite, tra sculture, dipinti e un’installazione realizzata per l’occasione nella Rotonda dell’Appiani, in un dialogo immaginario tra il giovane artista e il grande Wassily Kandinsky. Come la musica nelle opere di Kandinsky, cosí il trascorrere del tempo, nostro bene più essenziale, si manifesta davanti agli occhi nelle opere di Hassan, una composizione casuale di colori, movimenti, forme, spazi vuoti. L’artista ha intitolato questa serie “L’Essenziale è Invisibile agli Occhi”, un’ideale interpretazione della celebre frase dell’autore Antoine de Saint-Exupéry. Omar Hassan segue quindi le orme del grande maestro dell’astrattismo, provando a rendere visibile l’invisibile, a far apparire davanti a noi l’essenziale. Tutto ciò che è sempre rimasto dietro, nascosto, in secondo piano, nella sua vita come nella sua arte, diventa ora protagonista assoluto.Omar Hassan.

L’Essenziale è Invisibile agli Occhi - Un dialogo con Wassily Kandinsky, Reggia Reale di Monza - Fino al 1 aprile con possibilità di proroga - Info 039/5783427 o www.comune.monza.it

 

Sebastião Salgado, a Torino il canto d’amore per la Terra 

Genesi alla Venaria, oltre 200 immagini in bianco e nero danno il titolo all’ultimo grande lavoro del del fotografo brasiliano Sebastião Salgado. Aperta fino al 16 settembre nelle Sale dei Paggi, la mostra si compone di 245 scatti in bianco e nero che ritraggono paesaggi straordinari, animali e indigeni. Curata dalla moglie Lélia Wanick Salgado su progetto di Amazonas Images e Contrasto, l’esposizione che fa tappa a Torino, è stata protagonista di un tour internazionale di successo. “Genesi” è un progetto iniziato nel 2003 e durato 10 anni, un canto d’amore per la terra e come racconta Lélia un «tributo visivo a un pianeta fragile che tutti abbiamo il dovere di proteggere». Suddivisa in cinque sezioni, la rassegna ripercorre le terre in cui Salgado ha realizzato le fotografie: Il Pianeta Sud, I Santuari della Natura, l’Africa, Il grande Nord, l’Amazzonia e il Pantanàl. Una parte del  lavoro del grande fotografo è rivolto agli animali che sono impressi nel suo obiettivo attraverso un lungo lavoro di immedesimazione con i loro habitat. Salgado ha infatti vissuto nelle Galapagos tra tartarughe giganti, iguane e leoni marini, ha viaggiato tra le zebre e gli animali selvatici che attraversano il Kenya e la Tanzania rispondendo al richiamo annuale della natura alla migrazione. Un’attenzione particolare è riservata anche alle popolazioni indigene ancora vergini con le quali Salgado ha trascorso diversi mesi: gli Yanomami e i Cayapó dell’Amazzonia brasiliana; i Pigmei delle foreste equatoriali nel Congo settentrionale; i Boscimani del deserto del Kalahari in Sudafrica; le tribù Himba del deserto della Namibia e quelle più remote delle foreste della Nuova Guinea.

Genesi, Torino, Reggia di Venaria - Fino al 16 settembre - Info 011/4992333 o www.lavenaria.it

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