Mercoledì 24 Aprile 2024

MONTEPULCIANO AMBASCIATORE D’ABRUZZO

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Un 2019 da oltre cento milioni di bottiglie, un primo trimestre 2020 che fa predire il +6% sulla già imponente cifra di 800mila ettolitri imbottigliati l’anno scorso. Numeri che fanno dell’Abruzzo la quinta regione vinicola italiana per volumi di produzione, dati che portano un po’ di conforto in una situazione difficile come quella attuale. "Abbiamo attivato un piano di promozione dell’e-commerce delle cantine – racconta Valentino Di Campli , presidente del Consorzio tutela vini abruzzesi – chiudendo importanti accordi con alcune delle principali piattaforme di vendita on-line, ma la perdita del canale Horeca è un danno per molte aziende che i circuiti di vendita alternativi compensano fino a un certo punto". Il futuro è ancora incerto e pone sfide difficili, insomma, ma nell’affrontare questa crisi che ha travolto tutto il mondo vinicolo l’Abruzzo può contare, oltre che sui numeri, su un’arma potenzialmente decisiva: la particolarità del suo territorio che ne fa il regno dei vitigni autoctoni, sempre più apprezzati e ricercati sul mercato internazionale (già oggi oltre il 50% dei vini abruzzesi è venduto all’estero). Qui è praticamente impossibile trovare uno Chardonnay o un Sauvignon, un Cabernet o un Merlot: i grandi vitigni internazionali sono stati relegati a un ruolo marginale. A dettare legge è il Montepulciano che rappresenta l’80% della produzione regionale ed è la principale Doc rossa italiana per numero di bottiglie. Più variegato il panorama dei bianchi, con il Trebbiano a fare da traino ma con Passerina e Pecorino che negli anni hanno avuto evoluzioni qualitative interessanti, scrollandosi di dosso l’etichetta di vini da mode passeggere per imporsi definitivamente all’attenzione di critica e mercato. E la meno nota Cococciola sembra avere le carte in regola per compiere lo stesso percorso. Infine, c’è il Cerasuolo d’Abruzzo doc che, staccatosi definitivamente dal Montepulciano a livello di denominazione, rappresenta un vino dal notevole potenziale in un segmento come quello dei rosati, in Italia ancora inesplorato, all’estero in continua espansione. Tutti vini dalla forte identità che, in un territorio come quello abruzzese, assumono sfumature diverse a seconda della zona di produzione. "In 35 chilometri passiamo dal mare ai quasi 3.000 metri di Gran Sasso e Majella – spiega Di Campli – poi abbiamo diverse colline e la stessa costa è molto differente fra nord e sud della regione. Microclimi differenti che danno sfaccettature diverse agli stessi vini, una realtà cui come Consorzio vogliamo dare visibilità anche in etichetta, creando denominazioni che rendano riconoscibili zone e disciplinari".

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