Venerdì 19 Aprile 2024

Mughini: "Ecco la mia Moana, pornostar senza peccato"

Marilyn a luci rosse, lo scrittore la ricorda a 25 anni dalla morte. "Le piaceva fare l'amore, nessun senso di colpa". Intervista di Andrea Bonzi

Moana Pozzi alla presentazione del partito dell'amore

Moana Pozzi alla presentazione del partito dell'amore

Roma, 15 settembre 2019 - Sono passati 25 anni. Il 15 settembre 1994, in una clinica di Lione, moriva Moana Pozzi. Aveva solo 33 anni, e faceva la pornostar. Anzi, era la stella dell’hard più nota. Da quel momento, come una Marilyn a luci rosse, Moana Pozzi entra nel mito. Non era una pornostar come tutte le altre: le apparizioni televisive (celebre la passerella di nudo integrale a L’araba fenice, su Italia 1, nel 1988), i talk show, i libri in cui dava le pagelle agli amanti (La filosofia di Moana, edito nel 1991 a proprie spese), facendo nomi e cognomi, da Marco Tardelli a Beppe Grillo e Bettino Craxi, potente segretario del Psi, nonché l’avventura elettorale col Partito dell’amore, l’avevano fatta uscire dal recinto dell’hard, trasformandola in un’icona nazionale, nel bene e nel male. La sua storia la rendeva unica. Nata a Genova il 27 aprile 1961 da una famiglia borghese, allieva del Conservatorio, nel 1979 lasciò la famiglia e iniziò la carriera di modella e attrice. La prima pellicola a luci rosse è del 1987 (Fantastica Moana): diventa, insieme a Cicciolina, la stella di Diva Futura, l’agenzia di Riccardo Schicchi. Nel 1992 si presenta con il Partito dell’Amore (fondato da Cicciolina, che poi ne era uscita) alle elezioni politiche. Gli ultimi cinque mesi della sua vita, Moana li ha vissuti nella clinica francese, nel più stretto riserbo e senza apparire mai. Subito dopo il decesso è stata cremata. Non mancano le speculazioni: ufficialmente è morta di cancro, ma in tanti attribuiscono all’Aids o all'epatite cronica infettiva la sua fine (scarsi, allora, i controlli e le protezioni per chi lavorava nel porno). Il mito vuole che non sia mai morta, e che sia ancora viva, all’estero. Ma è, purtoppo, solo una leggenda.


 

Intervista di Andrea Bonzi

"La divinizzazione di Moana? Potrà essere anche eccessiva, ma era una ragazza piacevole e intelligente. Quasi 40 anni fa, Moana lanciò una sfida: lei, che proveniva da una buona famiglia borghese di Genova, è stata una delle primissime persone a rivendicare pubblicamente l’uso del proprio corpo per trarne vantaggio e notorietà". Giampiero Mughini, giornalista e scrittore, racconta così Moana Pozzi, la pornodiva scomparsa a soli 33 anni, il 15 settembre 1994. Esattamente un quarto di secolo fa.

Mughini, che ricordo ha di Moana Pozzi e di quel periodo – tra fine anni Settanta e Ottanta – in cui le pornodive lanciate da Riccardo Schicchi avevano una fama che andava oltre le luci rosse?

"Ho conosciuto bene sia Schicchi, l’architetto che aveva inventato Cicciolina, sia le ragazze che lavoravano per lui. Moana era la star della sua scuderia – termine che non uso in senso spregiativo, beninteso –: le ragazze, per esibirsi in modo discinto e invitante, guadagnavano 3 milioni di lire a serata; Moana ne percepiva ben 12. E immagino che, anche sui set a luci rosse, guadagnasse quattro volte tanto le altre".

Riccardo Schicchi e Moana Pozzi, a destra Giampiero Mughini
Riccardo Schicchi e Moana Pozzi, a destra Giampiero Mughini

Moana diceva: «Faccio l’amore e non ho sensi di colpa». Un po’ una Marilyn a luci rosse. Si può dire che – grazie anche a comparsate televisive, interviste, libri – sia stata la prima pornostar a essere percepita dalla gente comune come una persona vera?

"Sì, più di Cicciolina. In quegli anni, quando incontravi la Staller e le chiedevi che giorno fosse, si voltava verso Schicchi prima di rispondere, sembrava davvero una sua creatura. La prima persona a figura intera del porno italiano è senza dubbio Moana".

E Moana che pensava di sé? Al di là delle dichiarazioni pubbliche, ovviamente...

"Mi ricordo una sera, a Napoli, c’erano Schicchi,Moana e altre ragazze, tra cui la mia amica Petra Scharbach, si esibivano in un teatro. Finito lo spettacolo, Moana mi disse: ‘Quando ero sul palco, mi chiedevo che cosa pensassi di me’. Io pensavo facesse un lavoro rispettabile, era una persona con cui potevi chiacchierare meglio che con tante giornaliste femministe di oggi".

Ci racconta un aneddoto particolare su Moana?

"Sempre quella volta a Napoli, tornai con lei in macchina. Io non guido, quindi, quando arrivammo a pochi metri da casa sua – stava vicino a San Pietro, a Roma –, mi disse: ‘Giampiero, sali che ti chiamo un tassì’. Io, per motivi di pura discrezione, perché non volevo pesarle ulteriormente, le risposi di non preoccuparsi, sarei rimasto lì in attesa. Lei pensò che non volessi entrare in casa sua in quanto la ritenessi un po’...sacrilega, diciamo. Questo per dire della sensibilità della donna che, va da sé, era bellissima, grazie anche a qualche ritocco del chirurgo, certo. Ma oggi, quale showgirl non ne fa".

Quanto ha pesato la sua morte misteriosa – un tumore, ma si è parlato anche di Aids – nel farne un personaggio che è entrato nella memoria collettiva?

"La sua morte non è affatto misteriosa. Sono convinto abbia contratto l’Aids, in quel contesto e in quel periodo era facile. Ha pagato oltremodo la sua notorietà e i suoi guadagni, ma era una scelta a suo modo coraggiosa, altro che quelle sciacquette – ma io userei anche termini più forti – che popolano social e blog oggi e ne traggono un vantaggio economico".

Moana scrisse un libro in cui dava i voti ai suoi amanti: Tardelli, Craxi, Grillo e molti altri. Le rivelazioni ebbero molto risalto. Sarebbe possibile oggi una situazione analoga, soprattutto pensando alla politica?

"Vedo una mediocrità spaventosa, mancano i personaggi. Non c’è un’altra Moana Pozzi, ma non ci sono neppure più politici all’altezza. Oggi lo sguainare cosce, culi e tette è un genere professionale: io faccio l’ingegnere, tu la dottoressa, tu la sciacquetta. Io non sono sui social, ma quando vedo le notizie su questa o quella influencer mi viene da ridere. Rispetto a loro, Moana quell’attenzione la meritava: ha imposto un personaggio che non c’era".

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