Mercoledì 24 Aprile 2024

Missione mascotte: l’epopea dei cani aviatori

Le storie di Ciry, il piccolo “Barone nero“, e degli altri soldati a quattro zampe che accompagnavano in volo i i piloti della Grande Guerra

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di Massimo Tassi

Aviatori sì, ma a quattro zampe. Si chiamavano Ciry, Lillina, Leone. Piccoletti o grandi, meticci o di razza, dall’aspetto monello o dal portamento elegante. Volavano nelle tempeste d’acciaio delle guerre che hanno martoriato il Novecento. Sono le mascotte dei piloti, in un tempo in cui dall’abitacolo spuntavano coda e curiosi profili pelosi.

Le incredibili peripezie tra le nubi sono raccontate nel libro I cani aviatori. Le mascotte (EditriceStorica) dal tenente colonnello Antonio Pedroni, in congedo dal 2009. La pubblicazione presenta una ricca documentazione fotografica. Ci sono i piloti, certo. Aerei ora pionieristici, ora futuribili. E al fianco dei militari, largo agli amici a quattro zampe, che hanno volato, hanno ascoltato il cupo tuonare dei cannoni o attinto dalla stessa mensa dei piloti.

"Ho lavorato in Aeronautica, ho consultato molti documenti storici alla direzione addestramento del 3° reparto manutenzione velivoli, a Treviso. Tre volumi fotografici hanno attirato la mia attenzione. Erano del capitano Ferruccio Capuzzo, riguardavano la guerra con l’Austria", spiega Antonio Pedroni, nel ricostruire storie dove il crepitare delle mitragliatrici è intervallato dall’abbaiare. "Nelle foto ci sono aerei, campi d’aviazione, baracche. E molte immagini dei suoi amici cani, come Ciry, che era diventato parte della sua famiglia, come scrive lui stesso".

Una storia da libro d’avventura, quella di Ciry, sin dall’episodio che l’ha condotto dal suo capitano. Le truppe sono in transito verso il fronte, quando l’attendente dell’aviatore nota alcune ragazze a passeggio. Hanno cagnolini al guinzaglio. Il soldato è alla guida di un mezzo su cui viaggiano le mascotte dei piloti. "Al mio capitano piacerebbe molto il suo cane. Vede? Qui ci sono le mascotte portafortuna", butta lì il militare.

"Si chiama Ciry, ha tre anni, porterà fortuna al suo capitano. Glielo dono", dice la giovane, con un ultimo abbraccio al meticcio. Il cagnolino nero diventa parte della “famiglia girovaga” di Ferruccio Capuzzo.

È il 1916, ecco “l’arruolamento” e il battesimo del volo su un Farman nei pressi di Vicenza. "Volle affacciarsi alla carlinga, infastidito dal vento si posizionò sulle ginocchia del pilota, per poi raggomitolarsi nell’angolo più riparato. S’addormentò cullato dalle vibrazioni, senza accorgersi della cannonate. Si svegliò all’atterraggio. E, senza tener conto dei maggiori in grado, balzò a terra per primo e si diede una scrollatina", è la cronaca della prima azione dell’asso a quattro zampe. Che si ritroverà a bordo del sommergibile Nautilus e del piroscafo Bormida a zonzo nell’Adriatico.

Sfugge a Caporetto volando a Venezia, dove una gatta gli infligge più danni che gli austro-ungarici. "Uscì dalla zuffa con una zampa offesa, camminava con tre cilindri". Le ultime scorrerie del piccolo Barone Nero sono segnalate a Malpensa, al termine del conflitto, coccolato dai viaggiatori.

"Ciry e i suoi compagni. Di tutte le razze e stazze. Sulle ali o in cabina. Umanizzati nei loro capricci, nell’umore gioioso o malinconico, pronti a giocare o a rilassarsi in un prato. I cani aviatori non furono solo mascotte, ma parte della famiglia emotiva di ciascun pilota", sottolinea Chiara Polita nell’introdurre questi cani, proiettati verso l’orizzonte infinito del cielo. Oltre la guerra, nel cuore degli aviatori.

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