Martedì 23 Aprile 2024

Mina, esce 'Maeba'. L'importante è stupire

Il nuovo album della regina della canzone. Una voce ancora straordinaria e un duetto con Paolo Conte per la quasi bisnonna che a 78 anni ha anche ripreso a fumare

La copertina di 'Maeba', il nuovo album di Mina (Omaggio)

La copertina di 'Maeba', il nuovo album di Mina (Omaggio)

Lugano, 23 marzo 2018 - "Com'è il minestrone, Geppino?" chiede Dadina a Jep Gambardella ne “La grande bellezza”. "Il minestrone è buono. Ma tu com’è che mi hai chiamato Geppino?". "Perché un amico ogni tanto ha il dovere di far sentire l’altro amico come quando era bambino". Tra i solchi del nuovo album di MinaMaeba”, sul mercato da oggi, lo spirito del duetto in napoletano della Tigre con Paolo Conte ne “‘A minestrina” s’avvicina parecchio a quello del dialogo del film di Sorrentino. Lei, che domenica prossima compie 78 anni, e lui, che ne ha compiuti 80 a gennaio, si ritrovano a parlare d’amore, tirando fuori l’adolescente che è in loro, davanti ad un piatto di brodo caldo. Che follia, avrebbe chiosato un altro grande della canzone italiana. "In un mondo di settantenni che vogliono sembrare trentacinquenni è una bella presa in giro" dice il produttore Massimiliano Pani tra le pareti color panna degli studi PDU adagiati sulla riva del Cassarate, a Lugano, in cui hanno preso forma questi 12 frammenti d’universo con la complicità di uno stuolo di collaboratori che va da Danilo Rea a Massimo Moriconi, da Nicolò Fragile allo stesso Massimiliano e alla moglie Milena ai cori.

Pani definisce "coraggiosa e completamente pazza" la madre (che il figlio di Massimiliano, Axel, sta per rendere bisnonna) per le scelte eterogenee di 'Maeba'. "Solo Mina può permettersi di riunire in un album canzoni diverse fra loro come queste. È il suo piacere. Entra qui in studio già sapendo cosa vuol fare, ma è solo davanti al microfono che il pezzo trova una sua dimensione. Di solito, per sicurezza, incidiamo un paio di tracce di ciascun brano, ma poi scegliamo regolarmente la prima. Quello di saper esprimere tutto in una sola esecuzione è la forza degli interpreti della generazione che registrava su due piste: una per la voce e una per l’orchestra. A lei non interessa la parte formale del cantato, ma solo quello che arriva… atteggiamento molto jazzistico".

E sembra quasi di vederla Mina, immateriale, impalpabile, fatta della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni là, la dietro al vetro dello studio panna, carezzare le suggestioni tanguere de 'Il mio amore disperato' ("un pezzo che sarebbe andato bene per il disco a due con Celentano, ma è arrivato quando ‘Le migliori’ era già chiuso"), colorare di soul-rock la 'Ci vuole un po’ di r’n’r' di Andrea Mingardi, gettarsi tra le suggestioni lisergico-visionarie del tastierista dei Subsonica Boosta con quella 'Un soffio' dalle nuances prog, omaggiare Elvis con la cover di una 'Heartbreak Hotel' rifatta "come quando, a 15 anni, la cantava nei gruppi” o George Michael con quella di una 'Last Christmas' soft-jazz, ma senza coccarda rossa.

Uno dei passaggi più sorprendenti dell’album è 'Il tuo arredamento', il 26 esce il videoclip diretto da Mauro Balletti, impreziosita da un’interpretazione superba. "Chi sceglierebbe oggi un pezzo del genere, che sembra preso dal repertorio degli Area?" si chiede Massimiliano. "D’altronde lei di fare le canzoni ‘alla Mina’ s’era rotta già venticinque anni fa. Usa uno strumento stupendo che non cura. Anzi, ha ripreso perfino a fumare. Eppure la voce rimane limpidissima, forse perché non l’ha logorata con milioni di concerti". Quando il disco sembra finito, quell’orchestra in gola che spinse Sarah Vaughan nel ’69 a dire "se non avessi la mia voce vorrei avere quella di una giovane ragazza italiana di nome Mina" (ri)spunta a sorpresa per swingare “Antother day of sun”, il tema di “La la land” inciso per lo spot della nota compagnia telefonica.

Un impegno minimo, rispetto al disco, che facendole i conti in tasca frutta probabilmente alla divina il doppio di 'Maeba' (acronimo misterioso che Pani rivelerà solo tra qualche tempo, legato probabilmente alla 'bianca aliena' in copertina), senza lasciarle però il dolce retrogusto di un lavoro focale, unico, irrinunciabile come questo.

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