Martedì 23 Aprile 2024

Come ripulire l'ambiente dalle microplastiche grazie ai batteri

Le microplastiche sono ormai ovunque e difficili da rimuovere, ma forse la matrice appiccicosa prodotta da un batterio potrebbe aiutarci a fare un po' di pulizia

Le dimensioni delle microplastiche variano da un millimetro a una manciata di micrometri

Le dimensioni delle microplastiche variano da un millimetro a una manciata di micrometri

Come ormai certificato da numerosi studi scientifici, ogni giorno riversiamo nell'ambiente ingenti quantità di microplastiche, che, per quanto spesso invisibili agli occhi, hanno ormai invaso anche gli angoli più remoti della Terra. Eliminarle e impedire che finiscano nella catena alimentare sembra una sfida persa in partenza: un'equipe della Hong Kong Polytechnic University suggerisce tuttavia la possibilità di risolvere il problema sfruttando un particolare batterio che produce una sostanza appiccicosa. Il microrganismo in questione si chiama Pseudomonas aeruginosa, un patogeno opportunista nell'uomo, che si trova un po' ovunque, dall'acqua al suolo. Sulla base di precedenti osservazioni, secondo cui questo batterio ama colonizzare le materie plastiche, la squadra guidata dal bioingegnere Yang Liu lo ha messo alla prova in un bioreattore pieno di microplastiche. Lo Pseudomonas aeruginosa è infatti solito sviluppare un biofilm, ossia una pellicola adesiva caratterizzata dall'aggregazione di moltissimi batteri. La collosità del biofilm, utile per ancorarsi alle superfici, è dovuta alla secrezione di una matrice viscosa, che può in teoria essere sfruttata per catturare i pezzi di plastica più minuscoli. I test hanno documentato che il biofilm è in effetti un eccellente spazzino. Dopo avere inglobato i microrifiuti presenti nel bioreattore, l'aggregato precipita sul fondo: qui l'attivazione di uno specifico gene favorisce la dispersione del materiale biologico e il contestuale rilascio delle microplastiche, "che possono essere successivamente recuperate per il riciclaggio", ha spiegato Liu. Dato che l'idea sembra funzionare, i ricercatori hanno ora in programma di spostare gli esperimenti al di fuori del laboratorio, per vedere se i risultati sono replicabili anche in un ambiente non controllato. Liu e colleghi sperano in particolare che la tecnica possa trovare applicazione nel trattamento delle acque reflue, così da impedire che le microplastiche si disperdano negli oceani. Prima dovranno però individuare dei composti naturali che stimolino il dissolvimento del biofilm in modo sicuro ed economico. I risultati dello studio sono stati condivisi in questi giorni nel corso dell'annuale conferenza internazionale della Microbiology Society.

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