Meryl Streep, divina con ironia. "La sublime arte di stonare"

Intervista all'attrice da Oscar, che incanta la Festa del Cinema di Roma nei panni della Jenkins: "Ho studiato per sbagliare"

Meryl Streep sul red carpet con un gigantesco ombrello rosso (Afp)

Meryl Streep sul red carpet con un gigantesco ombrello rosso (Afp)

Roma, 21 ottobre 2016 - UN’ATTRICE unica, un’icona del cinema. Diciannove candidature, un record, e tre Oscar vinti (“Kramer contro Kramer”, come non protagonista; “La scelta di Sophie” e “The Iron Lady” come protagonista). E ancora una volta Meryl Streep fornisce una prova impeccabile in “Florence”, il film diretto da Stephen Frears, ispirato alla vera vita di Florence Foster Jenkis, presentato ieri alla Festa del Cinema di Roma e dal 22 dicembre nelle sale. Ereditiera con una grande passione per la musica, Florence era terribilmente stonata. Ma in quella New York dei primi anni Quaranta, provata dalla seconda guerra mondiale, in molti beneficiavano della sua generosità. E così nessuno, a cominciare dal marito (interpretato da Hugh Grant), osava dirle la verità circa le sue doti canore. Nonostante il jet lag, la divina Meryl, attesa all’Auditorium da centinaia di fan, si mostra sempre sorridente e gentile, e spesso ride divertita alle domande.

Signora Streep, per lei, che canta benissimo, non sarà stato facile stonare. «Ho avuto un insegnante, Arthur Levy, che mi ha preparata. È stato entusiasmante perché abbiamo studiato una serie di arie bellissime, come l’aria della Regina della notte dal “Flauto magico” di Mozart, in cui la Foster si cimentava. E le ho studiate per farle nel migliore modo possibile, perché è così che Florence, nella sua testa, pensava di eseguirle. Poi, abbiamo lavorato per mandare tutto all’aria, e farle stonando. Non mi meraviglia quello che accadeva a Florence perché so che anche un compositore come Gershwin mentre suonava, cantava in modo stonato, e forse quelle stonature non le sentiva».

Per Florence Foster Jenkis, la musica era una grande passione. Anche per lei fare cinema, recitare, lo è? «Continuo a provare lo stesso entusiasmo di quando ho cominciato. Tutte le donne che interpreto hanno per me la stessa, grande importanza. Sento che devo raccontare la loro vita, difenderle, perché tutte meritano un posto, da quelle più esagerate a quelle più tranquille. Provo un piacere colpevole nell’immergermi in un’altra personalità, immaginando i suoi sentimenti. Mi è sempre piaciuto farlo, fin da ragazzina, quando pensavo di essere mia nonna, e copiavo la sua camminata, mi disegnavo le sue rughe. Quando vai in profondità, poi, scopri il dolore degli altri e capisci di più anche del tuo».

Il marito nascondeva a Florence le recensioni terribili sulle sue esibizioni. Lei che rapporto ha con la critica? «Non leggo mai le recensioni. Temo le imboscate dolorose, soprattutto ora che un certo giornalismo ti prende di mira per l’aspetto fisico, per l’età. Mio marito mi protegge, mi dice che è sempre tutto bello. Il suo è un atto d’amore. E lo capisco, perché è un modo per aiutarsi a vicenda a sopravvivere».

C’è qualcosa in cui anche lei magari pensa di cavarsela e invece è negata? «Sono pessima in molte cose e poi, anche se me ne dimenticassi, ci sono i miei quattro figli a ricordarmelo».

Gli altri attori sono un po’ spaventati a lavorare con lei, da tutti considerata un mostro sacro? «Lo so, e il primo giorno di lavoro sento l’obbligo di smantellare questo muro che mi precede e non va bene perché occorre feeling per lavorare insieme. Anche Hugh Grant mi ha detto che aveva paura di recitare con me. Sciocchezze. Comunque, a quel punto dimentico le battute, vado nella direzione sbagliata e allora pensano, beh, non è così brava, e si rilassano».

Schierata per Hillary Clinton, teme Trump? «Con il suo sessimo, Trump sta facendo un ottimo lavoro contro se stesso. Comunque, tra una ventina di giorni avremo Hillary Clinton alla presidenza e tutto questo sarà eliminato».

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