Mengoni: "Musica libera, questione di Pelle"

Il ritorno di Marco con il secondo capitolo del progetto Materia: "Un disco vissuto come le rughe e le cicatrici che sono le nostre belle diversità"

Marco Mengoni

Marco Mengoni

Si sa che il destino dell’uomo è scritto nei geni. E mai, nella canzone, la correlazione tra Dna e futuro s’è rivelata tanto stretta come nel caso del nuovo album di Marco Mengoni Materia (Pelle), in uscita oggi. "Qualche tempo fa, per curiosità, ho fatto il test del Dna scoprendo di essere italiano solo per il 35 per cento" dice l’idolo di Ronciglione a proposito del meticciato musicale che trasuda da questo secondo capitolo della trilogia avviata lo scorso autunno tra i colori virati rhythm’n’blues di Materia (Terra). Tante gradazioni di Marco, a cui hanno attinto due kolossal live portati quattro mesi fa nelle cattedrali del calcio e, proprio ora, nei palasport, con un tour all’insegna del tutto esaurito che lo tiene sulla strada fino alla fine di ottobre nell’attesa del terzo capitolo del progetto discografico e di un’altra estate negli stadi al via il 20 giugno a Padova. "Frattanto mi sono pure iscritto all’università: psicologia" anticipa.

Tre dischi, tre anime diverse.

"Un disco di questo tipo è un work in progress soggetto a continue modifiche, visto che a modificarsi nel tempo è pure il tuo pensiero".

Dopo la terra, la pelle.

"I sottotitoli di questa trilogia non li ho decisi prima, ma voglio farlo di volta in volta a lavoro finito. Pelle, ad esempio, l’ho scelto perché è il termine che mi fa pensare di più a questo agglomerato di canzoni e di influenze; un disco vissuto come quelle rughe e quelle cicatrici che ci rendono uno diverso dall’altro".

Marco, tornerebbe a Sanremo?

"Con il pezzo giusto, sì. Perché il Festival è tornato a essere una bella vetrina in cui presentare la propria musica. Un po’ come i Grammy in America. Ed è figo andare ai Grammy. È vero, all’Ariston ci sono una gara e una classifica, ma la storia ricorda che l’ultimo può avere successo in radio come il primo e quindi non è un problema. Per quanto mi riguarda, al momento non c’è niente però".

Il primo capitolo di Materia aveva una bella impronta soul e rhythm’n’blues, questo guarda anche altrove.

"Una parte è un po’ “clubby“. Ci sono pure Mace, La Rappresentante di Lista, Bresh. Per questo lo vedo come un disco corale, con musica africana, sudamericana, ma anche canti gregoriani in Ancora una volta in cui riprendo dei madrigali. Tanta roba, a tratti forse troppa".

C’è pure Bersani.

"Per me Samuele è una specie di fratello maggiore. Gli ho mandato Ancora una volta solo per avere un giudizio e lui mi ha risposto: in questo pezzo vorrei esserci anch’io. Sinceramente, non considero il nostro incontro un duetto ma un regalo immenso che ha voluto farmi".

In una sua ideale playlist cosa metterebbe?

"Siccome ci sono dei pezzi che hanno fatto crescere il disco aggregando via via attorno a loro poi tutti gli altri, partirei da Unatoka Wapi che in lingua swahili significa “Da dove vieni?“ ed è un po’ il manifesto del progetto con un testo ispirato da Frantz Fanon, un antropologo e psichiatra anticolonialista molto attento nelle sue opere al rispetto della dignità della persona. Aggiungerei Ancora una volta e Respira perché raccontano bene l’idea del disco".

La parola chiave di quest’opera è “apertura”: preoccupato dei venti contrari che spirano qua e là?

"Non vorrei che alcuni principi in tema di diritti ormai assodati venissero rimessi in discussione e che alcuni estremisti del pensiero si sentissero in qualche modo legittimati. Soprattutto sul web".

Nel disco c’è anche Caro amore lontanissimo, un inedito di Sergio Endrigo inserito pure della colonna sonora di Colibrì il film di Francesca Archibugi che verrà presentato giovedì alla Festa del Cinema di Roma.

"Me l’ha proposto Claudia Endrigo cinque anni fa. Il padre l’aveva abbozzato nel ’73, con Riccardo Sinigallia l’abbiamo ripreso e completato. È una magia ora sentirlo mio".

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