Giovedì 18 Aprile 2024

Mattei, gli orologi e la corsa contro il tempo

Va all’asta il Patek Philippe che gli donarono i dirigenti dell’Agip mineraria nel 1954. Otto anni dopo, il misterioso schianto in aereo

di Massimo Cutò

L’uomo del petrolio cavalcava il tempo. Ammesso che fosse devoto agli Dei, il favorito di Enrico Mattei sarebbe stato Chronos: lo scorrere delle lancette era il motore della sua vita. Chi scrive ha avuto l’opportunità di conoscere, molti anni fa, l’autista dell’Eni che lo accompagnò in numerosi viaggi d’affari. Ne descriveva la capacità di cogliere l’attimo, sempre attentissimo all’orologio. Lo metteva al proprio servizio. Agiva di testa e d’istinto, né un momento prima né uno dopo il dovuto: il timing era essenziale ai raid che lo resero celeberrimo. E unico.

Nato nel 1906 ad Acqualagna da una famiglia modesta, l’ex partigiano bianco Mattei divenne nel dopoguerra l’uomo più potente d’Italia. Carisma, orgoglio, intuito e ostinazione uniti a una buona dose di arroganza. Ingredienti indispensabili per ribaltare il tavolo del petrolio, all’epoca proprietà privata del cartello che con disprezzo definiva "le Sette Sorelle". E cioè Royal Dutch Shell, Standard Oil, Bp, Mobil, Chevron, Gulf e Texaco che sfruttavano i Paesi produttori di idrocarburi.

Mattei si presentò all’Est, in Africa e in Medio Oriente stipulando accordi che lasciavano il 75% ai detentori delle risorse.

Così il self made man venuto dalla provincia sfidò a viso aperto l’oligarchia dei giacimenti. Contando sul fattore tempo. Ce n’era sempre così poco che doveva correre, consultando l’orologio. Accadde nel 1945. Nominato commissario liquidatore dell’Agip, eredità del fascismo, disattese il mandato fiutando i pozzi come un rabdomante.

Il petrolio a Cortemaggiore, il metano a Caviaga: la Val Padana era la terra delle gradite sorprese. Così l’Agip passò dall’incubo licenziamenti a fabbrica di posti di lavoro.

E un concorso voluto dal supermanager decretò il successo del cane a sei zampe: il simbolo del riscatto del Paese.

Mattei era l’inarrestabile uomo dei sogni. Nel 1953 creò la multinazionale Eni, miracolo italiano sulle macerie belliche. Si muoveva con disinvoltura tra economia, politica e informazione.

Dirigente della Dc di De Gasperi e Gronchi, fu parlamentare dal ‘48 al ‘53: una palestra per conoscere pregi e debolezze dei partiti.

Era amatissimo dai suoi dipendenti, salvati dal baratro. I dirigenti e laureati di Agip mineraria - si firmarono così nella dedica sul fondello - gli regalarono nel 1954 per riconoscenza un Patek Philippe d’oro, primo modello a carica automatica prodotto dalla maison svizzera. Splendido per design, fattura e precisione, l’orologio sarà battuto all’asta Bolaffi del 30 settembre a Milano. La base dell’incanto è 25mila euro.

Il Patek Philippe non era solo.

Sul comodino di Mattei c’era anche un autarchico Wyler Vetta, omaggio alla meccanica italiana. E un Omega Constellation: l’orologio che portava al polso nella sera maledetta del 27 ottobre 1962. Partito da Catania per raggiungere Milano, il suo aereo privato precipitò in mezzo alla pioggia nelle campagne pavesi di Bascapè. Nessun superstite: furono trovati solo i suoi poveri resti, quelli del comandante Irnerio Bertuzzi e del giornalista americano William McHale. L’ennesimo mistero italiano.

Mattei aveva molti nemici: le Sette Sorelle, la Cia, l’organizzazione armata clandestina francese Oas, gli 007 deviati. E la mafia. La sparizione nel 1970 del reporter Mauro De Mauro, che indagava sullo schianto, è legata a Cosa nostra secondo la verità processuale, come ricostruisce il film di Francesco Rosi che trionfò a Cannes due anni dopo.

La prima inchiesta parlò di fatalità. La seconda, suffragata dai laboratori Mariperman della Spezia, accreditò la tesi della bomba a bordo: 150 grammi di tritolo nascosti dietro il cruscotto dell’aereo. L’analisi metallografica venne effettuata su due reperti. Uno era la fede. L’altro il quadrante del suo Omega che segnava le 6.50. In quel preciso momento, l’orologio di Mattei si era fermato per sempre.

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