Lunedì 15 Aprile 2024

C'era una ragazza, la musica di Mara Maionchi

A tu per tu con la Maionchi per parlare della storia della società italiana attraverso le note. Mercoledì a Bologna

Mara Maionchi

Mara Maionchi, giudice di “X Factor” e “Italia’s Got Talent”. Sotto, col marito, il paroliere e produttore discografico Alberto Salerno

Roma, 13 gennio 2020 - Mara Maionchi (insieme con Alberto Salerno, Oscar Giannino, Giovanni De Luca, Giovanni Salizzoni e Vittoria Gozzi), è l’ospite del primo incontro con il pubblico del ciclo 'Penso che un sogno così non ritorni mai più', che si svolge a Bologna al teatro Duse, mercoledì alle 21. Le conferenze sono in collaborazione con la mostra 'NOI… Non erano solo canzonette', allestita presso gli spazi di Palazzo Belloni fino al 12 aprile. La mostra, e gli incontri, si interrogano sul rapporto tra musica leggera e società a cavallo di un periodo significativo della storia italiana, compreso tra il 1958 e il 1982. Coordina gli incontri il giornalista Massimo Bernardini.

Mara Maionchi, la mostra s’intitola 'NOI... Non erano solo canzonette'. Lei che ha frequentato il mondo della discografia per decenni, come giudica il rapporto tra musica leggere e società? "Dipende dai periodi. Non sempre la musica ha rispecchiato la società. Negli anni ‘70 manifestazioni come Sanremo erano abbastanza fuori dall’attualità. In quel periodo erano nati i cantautori che avevano una grande aderenza allo spirito dei tempi. Negli anni ‘60, invece, la musica rispecchiava in modo molto stretto vari aspetti dello sviluppo della società, per esempio il boom economico".

Alcune canzoni sono molto rappresentative dell’epoca in cui furono scritte: da Abbronzatissima per l’Italia che scopriva le vacanze di massa, a Contessa per le lotte operaie, a Musica ribelle per la nascita delle radio libere. Quale è secondo lei l’esempio più calzante di questa connessione tra musica e società? "C’era un ragazzo rifletteva perfettamente il problema di allora della guerra del Vietnam, già affrontato da cantautori americani come Bob Dylan. Un’altra molto significativa è Dio è morto che secondo me è una canzone eterna che riflette benissimo anche la società di oggi: tutto ciò che l’uomo fa al di fuori dell’amore, della compassione, dell’aiuto agli altri, evoca proprio la morte del bene. È una canzone che rispecchia le nostre povertà".

Negli anni ‘70 i cantautori furono un autentico fenomeno musicale: perché grandi manifestazioni popolari come Sanremo li tennero ai margini? "Non era Sanremo a tenerli ai margini, erano loro stessi che volevano stare ai margini, ed era giusto che fosse così. Il loro modo di esprimersi era estraneo alla tradizione della musica italiana. Segnarono una linea di demarcazione precisa: noi siamo di qui, gli altri sono di là".

A quei tempi (1970) sul palco di Sanremo c’era Celentano che cantava Chi non lavora non fa l’amore. In qualche modo i venti sociali erano riusciti a entrare anche su quel palco... "Prima ancora Celentano aveva cantato Il ragazzo della via Gluck che anticipava di trenta, quarant’anni, i temi ambientali di cui oggi ci occupiamo quotidianamente".

Negli anni ‘80 con la Milano da bere, l’Italia edonista, si è un po’ perso il contatto tra musica e società. Lei pensa che oggi rap e trap possano rinverdire quella tradizione? "Nel mondo rap e trap ci sono più problemi di carattere personale, problemi di inserimento in una società che è ostile ai giovani. Problemi di dimensione personale che però acquistano una valenza generale. Salmo, per esempio, scrive delle cose molto belle, parla della fatica dell’inserimento dei giovani nella società. Come tutti i discografici della mia età all’inizio ero scettica, poi ho imparato dai giovani cosa è la nuova musica".

Dal 1958 al 1982 c’è stato qualche fenomeno che l’ha colpita in modo particolare? "Lucio Battisti prima di tutto. Ha retto benissimo anche nell’epoca dei cantautori. È stato un innovatore nella struttura della canzone, Ma una delle canzoni che più mi piace di quel periodo, lo ripeto, è Dio è morto".

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L'incontro

Dopo X Factor, rivedremo il 15 su Sky Mara Maionchi nella giuria (con la new entry Bastianich) del nuovo Italia’s Got Talent. Con il marito Alberto Salerno, sempre il 15 gennaio sarà al teatro Duse di Bologna alle 21 in Penso che un sogno così non ritorni mai più, colloqui a ingresso libero coi protagonisti (da Mara alla Caselli, dalla Pavone a Shapiro), organizzati da Incontri Esistenziali, Qn-Resto del Carlino e la mostra NOI, con il sostegno di Illumia e Bper

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