Giovedì 18 Aprile 2024

Mann e gli altri: tutti schedati al Waldhaus

Intellettuali, ricchi ebrei e gerarchi nazisti nel Grand Hotel, spuntano le annotazioni antisemite del personale. Dürrenmatt ne predisse il rogo

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di Roberto Giardina

Friedrich Dürrenmatt diede alle fiamme il Grand Hotel Waldhaus che andò completamente distrutto, impossibile salvarlo. Ma il piromane non fu il grande drammaturgo svizzero. Lo aveva immaginato nel suo ultimo romanzo Durcheinandertal (La valle del caos, Einaudi), terminato il 19 aprile 1989, pubblicato in autunno, il rogo divampò alle 5 del mattino del 27 maggio ’89. Non si può neanche sospettare che abbia ispirato qualche lettore. Fu una premonizione. I danni furono totali, per oltre 23 milioni di franchi, si legge nel rapporto dei pompieri. Un incendio doloso, i colpevoli non furono mai trovati. Benché gravemente malato di cuore, sarebbe morto l’anno seguente, Dürrenmatt volle andare quasi in pellegrinaggio a vedere i resti fumanti.

Al Waldhaus, era stato ospite la prima volta nel ’57, a 36 anni, già famoso per il dramma La visita della vecchia signora, e gli sembrò che "fosse un albergo spettrale". Aveva una straordinaria, morbosa sensibilità per cogliere l´anima degli uomini e lo spirito delle cose. Tornò per anni, si trovava a suo agio, vi scrisse I fisici, e qualche racconto. Nel parco una panchina porta il suo nome. Il Grand Hotel a Vulpera, nell’alta Engandina, a 60 chilometri da Sankt Moritz, a 45 da Davos, era considerato il migliore d’Europa per le cure termali.

Come nel film Shining, nella sala da pranzo Belle Epoque del Waldhaus, inaugurato nel 1897, o nella sala da ballo dalle pareti coperte di specchi, potrebbero tornare a bere champagne gli spettri dei suoi ospiti. Per quasi un secolo, si ritrovarono vicini di tavolo ricchi industriali ebrei e gerarchi nazisti, i criminali del III Reich e le loro vittime. Scrittori e artisti, Robert Musil, Thomas Mann, Max Frisch, la regina d’Olanda e la Maharani di Indore.

Il Grand Hotel non fu ricostruito, al suo posto si trova un parcheggio. Si credeva che nell’incendio fosse andato perduto l’archivio, invece uno degli ultimi direttori, Rolf Zollinger, si era portato via nel 1981, o rubato, le quasi ventimila schede dei clienti, dal 1921 al ’61, conservate in tre casse in legno di tiglio, nella sua villa vicino ai resti dell’Hotel. Zollinger, 75 anni, le ha consegnate all’editore Patrick Frey, di Zurigo, che le ha appena pubblicate in un grosso volume, oltre un chilo e e mezzo, con il titolo Keine Ostergrüße mehr! (388 pag.; 52 euro), non fate gli auguri di Pasqua, un consiglio per accogliere gli ospiti ebrei, ma le altre note sono zeppe di insulti e commenti sprezzanti.

"Certo – dichiara Zollinger – il personale dell’hotel era antisemita, dai direttori ai camerieri". Tranne lui. Al Waldhaus, la casa nel bosco, gli ospiti venivano controllati, le telefonate ascoltate, e il loro comportamento, i desideri, i capricci, commentati. I giudizi peggiorano dagli Anni Venti all’avvento di Hitler, fino alla guerra e allo sterminio nei Lager, ben conosciuto in Svizzera. "Stink Jude" si legge nella scheda del fabbricante di ombrelli Gustav Brady, ebreo puzzolente. "Chiede sconti ed è sporco" in quella del fabbricante di biancheria di Monaco Berthold Triest, nel 1927. Quindici anni dopo verrà gasato a Auschwitz. "Jude, zahlt nicht" è l’avvertimento nella scheda di Julius Hesse, commerciante di Bielefeld, presidente della squadra di calcio cittadina, "non paga", non dava mance. "Non solo al Waldhaus", ricorda l´editore, gli alberghi erano tutti antisemiti". La Svizzera dava asilo agli ebrei, purché avessero un conto in banca, gli altri li consegnava al confine alle SS. A Vulpera veniva ricevuto con tutti gli onori l’industriale Friedrich Flick, che sarà condannato come criminale di guerra. "Konsumiert gut", si avverte nella sua scheda.

All’hotel soggiornò Claus von Stauffenberg, che sarà impiccato per l’attentato a Hitler, il 20 luglio del ’44, e il chirurgo Ferdinand Sauerbruch, che compì esperimenti sui deportati a Auschwitz, Josef Terboven, il Gauleiter di Essen, e Fritz Schlessmann, Gruppernführer delle SS (comandante di plotone).

Erich Naumann, subito dopo aver partecipato alla Conferenza sul Wannsee sulla soluzione finale, si concesse una settimana di vacanza in Engandina. Stava nella stanza 154, in quella accanto, la 156, si trovava il banchiere ebreo Kurt Hirschland, ex consigliere della Dresdner Bank, fuggito in Svizzera appena in tempo. "Von Nazi ermodet", ucciso dai nazisti, è la nota finale aggiunta alla scheda dell’ex Cancelliere Kurt von Schleicher, il 30 giugno del ’34, il giorno che venne giustiziato.

Gli ebrei superstiti tornarono anche dopo la guerra, sempre accolti da commenti antisemiti, ma più diplomatici. Non si scrive più Jude, basta la "P" per Palestina, da una a sette, il peggior giudizio per il cliente ebreo, che si deve sopportare perché paga il conto. Peccato che Dürrenmatt lo ignorasse, avrebbe scritto un capolavoro, l’ultimo suo dramma, o una tragica commedia.

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