Giovedì 18 Aprile 2024

Mangiare e bere bene I dettagli di viaggio che fanno la differenza

di Paolo Galliani

Potenza dei numeri. E dell’evidenza: mangiare non è solo l’appagamento di un bisogno naturale. E il cibo è ormai una delle grandi motivazioni nella scelta di una meta e nella propensione ai viaggi. Lo conferma il recente ’Rapporto sul Turismo Enogastronomico’ curato da Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management all’Università di Bergamo, fotografia dettagliata del sentiment collettivo in relazione all’immenso patrimonio di sapori e saperi espresso dal mondo agro-alimentare del Belpaese: il 60% degli italiani gradirebbe trovare nelle mete prescelte per short break o vacanze degli ’hub enogastronomici’, spazi polifunzionali dove organizzare l’esplorazione dei territori ed entrare in contatto con agricoltori, casari, allevatori e custodi di antiche ricette.

Non solo. Il 67% vorrebbe recuperare informazioni dettagliate sulle esperienze golose da vivere nelle zone in cui si trova; il 55% parteciperebbe volentieri a laboratori e corsi di cucina per familiarizzare con le tradizioni locali; e il 51% si dichiara pronto a noleggiare biciclette e e-bike per raggiungere e conoscere i migliori produttori dei dintorni. Come dire: c’è una diffusa voglia di scoprire un Paese che in Europa non ha rivali per prodotti certificati (814: 315 agroalimentari e 526 vinicoli) e per superficie destinata all’agricoltura bio; e che solo nell’ambito dell’enoturismo ha fatto registrare 15 milioni di escursionisti, generando un fatturato di 2.6 miliardi di euro.

È la reputazione stessa della penisola ad essere legata al food e al beverage. E qui, le cifre sono più che loquaci: nel 2021 il 13% delle prenotazioni effettuate sul portale Tripadvisor con destinazione Italia ha riguardato proposte a tema enogastronomico; e il 55% degli italiani segnala di avere organizzato, negli ultimi 3 anni, almeno un viaggio motivato dal desiderio di vivere un’esperienza gourmet, contro il 21% registrato solo 6 anni fa. Della serie: il cibo, da elemento complementare, si sta imponendo come fattore prioritario nella scelta di una destinazione. Lo dicono da anni proprio i Rapporti di Enogastronomia firmati da Roberta Garibaldi. E lo conferma il modo nuovo con cui il turista enogastronomico tende a muoversi. Prima di prenotare visite, soggiorni o tour, s’informa sulla possibilità o meno di cimentarsi in iniziative stagionali di semina, vendemmia o mungitura. E alla fine, sceglie dove andare opzionando cantine, locande e aziende agricole che si segnalino per la gestione responsabile della loro attività.

Tautologico: rispetto al turista generalista, il food lover è più sensibile ai temi ambientali, pur senza smentire la tesi di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, "Un gourmet che non è ecologista è uno sciocco. Ma un ecologista che non è gourmet, è una persona triste". Ed è in fondo la lezione che arriva dagli odierni consumers: al ristorante cercano forme di empatia con i cuochi, nelle cantine soppesano la saggezza di chi lavora le vigne, nei caseifici partecipano a cheese tasting per intercettare i segreti sulle stagionature dei formaggi. Perché se è cambiato il mondo, è mutato anche il modo di assaggiare, degustare e viaggiare. Più che una rivoluzione, un ’Rinascimento’ dei comportamenti alimentari: dal vecchio consumismo, compulsivo e superficiale ad una sorta di ’Umanesimo gourmet’. Immersivo, esplorativo. Ed etico.

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