Macché sport: è meditazione. Elogio del nuoto, tra uomini ed eroi

Nel libro di Bonnie Tsui, "Perché nuotiamo", si esplora la storia dell'uomo e del suo rapporto con l'acqua, dall'eroismo di Kennedy all'incontro con un eroe nazionale islandese. Un'esperienza fisica e intellettuale che diventa meditazione.

"Pago l’abbonamento per 20 minuti di pace al giorno, abbastanza costoso". L’elogio del nuoto (in piscina) arriva da Brian Eno che prova a individuare lo spazio necessario (in quantità e qualità) per pensare. "In quella ventina di minuti non succede davvero nulla", aggiunge. Se non bracciate e piedi che battono in vasca. Cinquant’anni fa, era il 1973, una canzone di Loudon Wainwright III, il papà di Rufus, diventa in fretta una hit. E celebra, come racconta Bonnie Tsui nel suo libro Perché nuotiamo "la libertà sguaiata che il nuoto ci concede.

L’elogio del nuoto che Bonnie Tsui (scrittrice e giornalista del New York Times) fa nel suo libro è geometrico. Riesce, anche per la propria esperienza personale (ogni mattina nuota, ormai senza muta, nell’Oceano, in California), a toccare nella narrazione tutti i lati di quello che tecnicamente è uno sport. Ma inevitabilmente diventa anche un’attività fisica di meditazione.

La storia ci ha regalato nuotate celebri. Quelle degli eroi. Di guerra, a esempio, come John Fitzgerald Kennedy, futuro presidente degli Stati Uniti. Esattamente ottant’anni fa (primo agosto 1943), il maggiore Kennedy era al comando di una Pt 109, una moto silurante, che fu colpita dai giapponesi. Il futuro Jfk per salvare il suo equipaggio nuotò per almeno un paio di chilometri. Proprio l’estate, appena trascorsa, la figlia Caroline per ricordare il gesto eroico di suo papà, ha fatto la stessa attraversata a nuoto, in un punto del Pacifico che è comunque pieno di squali.

E Bonnie Tsui oltre a raccontarci nuotatori che per passione sfidano, dall’Australia e non solo, gli squali, ci racconta anche altri eroi. Non di guerra. Marzo 1984, cinque chilometri a Est dell’isola di Heimaey, parte di un arcipelago al largo della costa meridionale dell’Islanda, -2 gradi: c’è una barca di pescatori che si rovescia per gli effetti di un’onda lunga. Il comandante in seconda Gudalugur Fridorsson, ventidue anni (quattro in meno del maggiore Kennedy), proprio come Jfk nuota per mettere in salvo lui e l’equipaggio. La temperatura dell’acqua appena 5 gradi, l’ipotermia è a un passo. Ma da quel giorno Fridorsson in Islanda è considerato un eroe nazionale. Bonnie Tsui nel libro racconta l’incontro con lui. E di come l’uomo, nel tempo e nella storia, si è adattato all’acqua. Fino a ricercarne il contatto, perché non è solo uno sfidare i propri limiti, ma è soprattutto uno stato perenne di non annegamento. Una definizione scientifica che però racchiude il significato fisico e intellettivo (per dirla alla Brian Eno) dell’azione in sé.

Matteo Massi

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