Giovedì 25 Aprile 2024

Vargas Llosa: "Lo scrittore? Non sia mai servo del potere"

Intervista al Premio Nobel: "Dobbiamo raccontare i derelitti, criticare la società: solo così possiamo cambiare la Storia"

Mario Vargas Llosa, 86 anni: Premio Nobel per la letteratura nel 2010

Mario Vargas Llosa, 86 anni: Premio Nobel per la letteratura nel 2010

A ottantasei anni e mezzo Mario Vargas Llosa non ha alcuna intenzione di rallentare la propria produzione, anzi ha già iniziato a scrivere il suo prossimo romanzo.

"Sarà – ci dice il Premio Nobel 2010 per la letteratura – sulla musica peruviana. Amo la musica di ogni genere, soprattutto quella popolare. Ma anche l’opera lirica che ha fatto grande Italia e Germania".

Ha già il titolo?

"Un gioco di parole che in italiano potrebbe essere tradotto Un liquorino fratellino. Simpatico, vero?".

In effetti sì... Ma perché Vargas Llosa ha cominciato a scrivere e perché si scrive?

"Per vocazione; penso che bisogna cominciare da bambini leggendo molto. Leggere è sicuramente la base sulla quale si innesta la voglia di scrivere. Devo ringraziare mia madre che mi ha sempre spinto a leggere di tutto, fin dall’infanzia in Bolivia. E poi alla scuola La Salle ho continuato e ho appreso tutto quello che era necessario. Per leggere bene e scrivere ancora meglio".

L’ultimo libro uscito in italiano è un saggio, Mezzo secolo con Borges (Le Lettere), che riunisce articoli e due interviste con lo scrittore argentino. Che cosa la unisce a lui e in cosa è differente?

"Borges ha una formazione più europea, ha studiato in Svizzera e ha vissuto in tanti Paesi e solo più tardi è tornato a Buenos Aires. È quindi un intellettuale totale che ha inventato parole, che ha spiegato al mondo che cosa vuol dire scrivere un racconto o una poesia, tutto in modo straordinario. Ha saputo esprimere in poche righe concetti assoluti, filosofici; io sono un romanziere, il mio stile è da novella. Borges, che è grandissimo, ha avuto all’inizio poca fortuna di vendite, solo dopo è diventato famoso. Ma prima era felice di vendere poco".

Lei invece ha sempre venduto moltissimo in tutto il mondo: si è mai spiegato perché?

"Forse i temi che tratto legati all’America Latina e alla sua situazione politica e sociale attraggono molti lettori e molti consensi. E creano discussioni. Ma certo Borges è stato un maestro per tutti".

Il suo saggio inizia con una poesia che ha dedicato a Borges ormai cieco scritta proprio a Firenze nel 2014: è curioso il finale: “era una buona persona“. Che cosa significa. E, soprattutto: lei è una buona persona?

"Le buone persone sono quelle aperte ad ascoltare gli altri e mai malevole. Borges era così, lontano dalle malvagità della vita. Poi non è una poesia: diciamo che sono una serie di linee che funzionano, una poesia in prosa, insomma. Io una buona persona? Onestamente non lo so dire".

Nell’ultimo romanzo edito in Italia, Tempi duri (Einaudi) torna su uno dei suoi temi preferiti: le dittature e l’influenza della Cia nel creare colpi di Stato: è sempre stato così?

"Nel caso del Guatemala dove è ambientato il romanzo a cui si riferisce, la Cia ha fatto un errore considerando il presidente Arbenz un pericoloso comunista. Non era così, voleva solo creare uno Stato più moderno, addirittura più vicino agli Stati Uniti. Il colpo di Stato militare che lo ha detronizzato è stato uno dei momenti più brutti della storia latinoamericana".

Lo scrittore può cambiare la storia?

"Lo scrittore deve raccontare le vicende delle persone che sono più derelitte nella storia e quindi può cambiare la mentalità della gente. Lo scrittore perde la propria forza se diventa un paladino, un servo del potere. Deve essere critico della società, evidenziarne i difetti. E così aumentando il livello di guardia dei cittadini".

Nelle sue opere c’è una frequente presenza di donne, spesso personaggi di finzione in una storia reale. Perché?

"Le donne sono protagoniste della nostra storia, spesso le vittime maggiori delle dittature. I personaggi inventati come quello di Marta in Tempi duri servono proprio per dare una visione diversa ma oggettiva di una storia drammatica".

C’è chi dice che con Tempi duri è tornato a sinistra, lei neo liberista. È vero?

"No, e Arbenz non era comunista".

Si pensa che gli scrittori latinoamericani siano tutti inseriti nel realismo magico: è così?

"Alcuni sicuramente, non certo io. Chiamatemi realista, sono attaccato alle cose che accadono e continuerò a raccontarle. Senza magia né sotterfugi".

 

 

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