L’Italia unita e la Chiesa Il lungo travaglio per la pace

Dalla “questione romana“ alle Guarentigie nel 1871 fino a Mussolini. Oltre cent’anni di trattative diplomatiche figlie della Conciliazione silenziosa

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di Antonio Patuelli

Un secolo e mezzo fa, pochi mesi dopo l’unione di Roma all’Italia unita, il 13 maggio 1871 venne pubblicata la Legge delle Guarentigie “sulle prerogative del Sommo Pontefice e della Santa Sede e sulle relazioni della Chiesa con lo Stato”.

Nel Risorgimento italiano il nodo più complesso fu quello dei rapporti con Pio IX (1792-1878) che resistette contro l’acquisizione all’Italia (che si stava unendo) delle province dell’ex Stato Pontificio, nel 1859 delle Romagne, nel ‘60 di Marche e Umbria e, infine, nel settembre 1870 di Roma e del Lazio.

Fortissimo fu il travaglio dei patrioti italiani di fede cattolica che, però, distinguevano nettamente le questioni dello Stato nazionale da quelle spirituali della Chiesa.

Fra i principali ispiratori, nel solco di Cavour (e del suo insegnamento di “libera Chiesa in libero Stato”), della legge delle Guarentigie, fu Marco Minghetti, economista e statista bolognese che nel 1848 era stato anche Ministro di Pio IX nella breve esperienza costituzionale di Papa Mastai, dal quale si allontanò quando quel Pontefice rifiutò definitivamente ogni Costituzione per lo Stato Pontificio.

La legge delle Guarentigie, approvata unilateralmente dal Parlamento dell’Italia da poco unita, riconosceva al Papa le libertà religiose e gli elementi di sovranità sostanziale necessari per garantire alla Santa Sede e ai suoi esponenti ogni libertà, a cominciare dalle fasi più complesse della Sede Vacante e del Conclave.

Ma Pio IX la rifiutò con intransigenza, in nome della tradizione di veder unito al potere spirituale quello temporale sul vecchio Stato Pontificio ed iniziò la più difficile fase dei rapporti fra Chiesa e Stato in Italia.

Recentemente, l’autorevole rivista Civiltà Cattolica ha rilevato che le pubbliche denunce fatte allora da Pio IX vanno inquadrate in quel contesto storico.

In effetti, anche in occasione dei Conclavi di fine Ottocento e di inizio Novecento, non vennero rilevati problemi alle supreme libere scelte della Santa Sede. Durante la prima guerra mondiale, anche dopo la grave sconfitta italiana di Caporetto nel 1917, Papa Benedetto XV permise ai Cappellani militari di essere inquadrati nell’Esercito italiano e di rimanere al fronte a sostegno del morale degli italiani, rifiutando ogni ipotesi di favorire la dissoluzione dell’Italia allora unita da solo mezzo secolo. In quegli anni, infatti, era maturato un clima più disteso fra Chiesa e Stato in Italia, una specie di “conciliazione silenziosa”, sempre in vigenza della legge delle Guarentigie.

La svolta sulla “questione romana” venne nel 1929, quando la Santa Sede ed il governo Mussolini sottoscrissero il Trattato di pace, dopo le guerre risorgimentali, che riconosceva lo Stato della Città del Vaticano, e il Concordato fra Stato e Chiesa col quale la Santa Sede cercava anche di difendersi dall’invadenza del regime dittatoriale da molti criticata severamente. Ma solamente il nuovo Concordato del 1984 chiuse davvero le più aspre e secolari polemiche, recependo i principi della Costituzione della Repubblica e del Concilio Vaticano secondo.

Ora se si confronta l’ottocentesca legge delle Guarentigie ed il nuovo Concordato si possono riscontrare alcuni echi nelle distinzioni di ruoli e nel riconoscimento delle libertà della Chiesa e della sovranità dello Stato.

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