Liszt delle meraviglie. E Muti celebra l’amore

Ieri sera il direttore sul podio dell’Orchestra giovanile Cherubini per il gran finale di “Ravenna Festival“. L’edizione della ripartenza

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di Stefano Marchetti

Ha viaggiato tra la carne e il cielo nel nome di Pier Paolo Pasolini, ha reso omaggio a Bach ma ha saputo solcare anche territori inediti fra la classica e il pop, ha esplorato frontiere contemporanee della danza, ha camminato sulle vie dell’amicizia con un’orizzonte di spiritualità, ha stretto la mano agli artisti dell’Ucraina.

La 33ª edizione di “Ravenna Festival“, che ieri sera a Ravenna ha celebrato il gran finale con la straordinaria bacchetta di Riccardo Muti, è stata – ancora una volta – un affresco di musiche e di immagini, ma soprattutto di emozioni: "Noi l’abbiamo vissuta come l’edizione della vera ripartenza", sottolineano i responsabili della kermesse. Da Daniel Harding a Jordi Savall, da Gidon Kremer ai 100 Cellos di Giovanni Sollima, dall’omaggio a Franco Battiato a quello per Micha Van Hoecke, fino a un insolito incontro fra La rappresentante di lista e l’Orchestra Corelli: più di 120 appuntamenti in 50 giorni e quarantamila presenze siglano il nuovo successo di uno dei cartelloni più attesi dell’estate, di un festival che ha saputo raccontare un mondo espressivo di grandezza e di sorpresa.

Figura di riferimento, anche in questa edizione, è il Maestro Riccardo Muti che a “Ravenna Festival“ dedica sempre alcuni appuntamenti di assoluto prestigio, insieme alla sua amatissima Orchestra giovanile Luigi Cherubini. Come i due concerti di Lourdes e di Loreto che hanno suggellato i 25 anni del progetto “Le vie dell’amicizia“, che porta la musica dove c’è bisogno di una carezza: "Quest’anno – ha sottolineato Riccardo Muti – abbiamo voluto recarci in due tra i più famosi santuari mariani, dove da sempre accorre un’umanità ferita". In un anno tormentato dalla guerra alle porte dell’Europa, il programma di ispirazione sacra scelto per i due concerti (in onda il 6 agosto su Raiuno) è stato come una preghiera dalla terra all’infinito. Particolarmente significativa, durante tutto il festival, è stata la presenza degli artisti del Coro del Teatro dell’Opera di Kiev che già dalla scorsa primavera Cristina Muti ha invitato a Ravenna, in una forma di solidarietà attiva e preziosa: la loro è stata la voce di un popolo fiero, di solide radici.

Per la chiusura di ieri sera, nel concerto reso possibile dal sostegno della Cassa di Ravenna e della Fondazione Cassa di risparmio di Ravenna, Riccardo Muti ha invece accompagnato il pubblico a Roma e sul Lago incantato, proponendo la sinfonia che Bizet compose nel 1861 proprio nella Città Eterna e il poema sinfonico di Anatolij Konstantinovic Ljadov, allievo di Rimskij-Korsakov. Due gemme romantiche e quasi mistiche, come due dipinti dalla ricca tavolozza di colori, a cui il Maestro ha unito la monumentale meraviglia dei Préludes di Franz Liszt, una riflessione sul destino di ogni essere umano dove si celebra la vita, la natura, la pace, l’amore. Già: "Amor ti vieta di non amar", ci ricorda la famosa aria di Fedora di Umberto Giordano, il cui tema torna nell’elegante intermezzo dell’opera che Riccardo Muti ha scelto per il bis del concerto. Fra la carne e il cielo, il festival non poteva che essere suggellato da un inno a quell’amore che "move il sole e l’altre stelle". Ne abbiamo bisogno, oggi più che mai.

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