Roma, 28 ottobre 2024 – Durante il Festivalbar 1985 conobbi Lucio Dalla e fu un incontro fulminante. Era la sera della finale di Verona, lo vidi in albergo. Passammo la serata a chiacchierare e da lì, per i due anni seguenti, la mia vita è diventata Lucio. Stavamo sempre insieme, appena possibile. Se io andavo a Bologna dormivo da lui, se Lucio veniva a Milano dormiva da me. A Roma no, perché io alloggiavo al Raphael, che anche per me era la vera casa romana, mentre lui abitava a vicolo del Buco. Passammo due anni di vita spesso insieme. In vacanze alle Tremiti, in viaggio in America, un weekend ad Amburgo o spesso in tournée, chissà dove. Se non eravamo insieme non passava settimana che non ci telefonassimo, ed eravamo diventati così fraterni che a un certo punto lo portai a casa, anche perché quell’amicizia, nel frattempo, era condivisa con mio fratello Bobo, con il quale sin da allora su tutto il resto avevamo intrapreso strade separate.
Portammo Lucio a casa, da Bettino. Come mai? Innanzitutto perché era divenuto parte integrante del nostro quotidiano, poi perché a pelle intuimmo che effettivamente lui e mio padre avevano davvero molte cose in comune. Tanto per cominciare a tutti e due piacevano gli irregolari, e poi naturalmente c’era la musica... Come previsto, si piacquero molto, c’era grande intesa tra loro, e così avere Lucio Dalla con noi a casa a Milano diventò un’abitudine. Grazie alla sua presenza riuscii addirittura a portare mio padre in vacanza alle Tremiti per un fine settimana, qualcosa di impensabile per lui che, soprattutto in quegli anni, non voleva e non poteva staccare mai dalla politica.
Poi ci fu il tempo trascorso insieme ad Hammamet, dove Lucio compose addirittura parte di un album. Quante volte mi sono addormentata in sala di registrazione alla Fonoprint di Bologna, o al Castello di Carimate. Ci sono due canzoni di Lucio Dalla, per me molto belle, a cui sono particolarmente legata: “Telefonami tra vent’anni”, che compose a Milano a casa nostra, e “Latin Lover”, dell’album Henna, in cui la Tunisia è citata nel testo e che fu scritta proprio ad Hammamet.
Oggi, a distanza di anni, non saprei come definire il legame tra me, Dalla e tutta la famiglia allargata che ruotava attorno a lui – Ron, Tobia Righi, Bibi Ballandi, Renzo Cremonini, Ambrogio Lo Giudice, Andrea Faccani, gli Stadio – perché fu un rapporto totalizzante che riguardava l’amore, l’amicizia, il senso di famiglia. Tra noi era nata un’intesa naturale. Non so dire neanche perché negli anni successivi poi ci siamo un po’ persi, però quel che è certo è che Lucio Dalla è stato tra i pochi che non hanno mai rinnegato l’amicizia con mio padre, al punto che anche dopo la “dannazione“ di Craxi fu tra quelli che lo andò a trovare in Tunisia.
La notte del fatidico 19 gennaio, il giorno in cui mio padre morì, Dalla era in concerto a Milano e quando seppe la notizia, quella sera stessa, in apertura di concerto andò al microfono e disse: "Stasera è morto un mio amico, gli dedico questa mia canzone". Aprì la serata con il pezzo “Milano”, e fu un omaggio all’amore che Craxi provava per la sua città, lo aveva scritto su un’agendina mentre mangiavamo insieme a mio padre in un ristorante. "Milano vicino all’Europa", l’incipit della canzone, fu utilizzato da Craxi come titolo di una pubblicazione della presidenza del Consiglio europeo del 1985 a Milano che pose le basi per la costruzione dell’Unione Europea.