
Chi era davvero Ignazio Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli? Ormai sembrerebbe appurato: nascosto dietro un ulteriore pseudonimo, Silvestri, passava informazioni...
Chi era davvero Ignazio Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli? Ormai sembrerebbe appurato: nascosto dietro un ulteriore pseudonimo, Silvestri, passava informazioni all’Ovra, la polizia politica (e segreta) fascista. In quello sciagurato periodo di potere e di controllo, quali circostanze spinsero uno dei fondatori del Partito comunista italiano verso quella strada? Lo faceva per proteggere il fratello, imprigionato e torturato con l’accusa di aver compiuto la strage alla fiera di Milano del 1928? O per qualche altro motivo?
Per il momento scavalco il guazzabuglio di accuse e di difese per arrivare allo scrittore. Intanto posso dire che la sua letteratura, almeno per me, non viene intaccata da alcuna notizia biografica (altrimenti dovremmo smettere ad esempio di leggere l’antisemita Céline o l’ubriacone attaccabrighe Bukowski). Ho letto quasi tutta la sua opera. Nelle pagine di Silone trovo una potente sensibilità morale, un’anima libertaria e indipendente, anti dogmatica, lucida, sempre alla ricerca dei più alti valori umanistici.
Una voce letteraria eccezionale, spesso dolorosa, compresa la meravigliosa autobiografia Uscita di sicurezza, in cui racconta non solo la propria vita, ma anche momenti importantissimi della storia italiana e non solo, vissuti sulla propria pelle. Ma oggi vorrei parlare di un romanzo in particolare, Vino e pane, scritto a metà degli anni Trenta durante l’esilio in Svizzera e pubblicato per la prima volta a Zurigo nel 1936, in lingua tedesca, con il titolo Brot und Wein, uscito poi nel 1937 anche in lingua italiana con il titolo Pane e Vino. Nel 1955 Silone rivede completamente il romanzo, che esce di nuovo in Italia con il titolo Vino e pane. Prima del romanzo troviamo una “Nota dell’autore” che considero un Manifesto sull’essenza della letteratura.
Nelle occasioni in cui mi sono cimentato in un corso di scrittura, al primo incontro ho chiesto a uno dei partecipanti il favore di leggere questa Nota a voce alta, perché condivido quello che Silone scrive a proposito della scrittura e della narrazione: "(…) quello che solo conta in ogni opera letteraria sono ovviamente le vicende della vita interiore dei personaggi". Come evoca il titolo, Vino e pane racconta la vicenda (piuttosto autobiografica) di un militante comunista esiliato politico, che torna clandestinamente in Italia e a poco a poco riscopre la propria “eredità cristiana”, come accadde appunto a Silone nel dopoguerra.
Torno sul legame tra Silone e la polizia politica fascista: in questo romanzo bellissimo e struggente, in certe pagine ho avvertito con chiarezza una sorta di confessione, di pentimento e di richiesta di comprensione riguardo alla sua “colpevole” attività di informatore dell’Ovra, così come mi è successo anche leggendo alcune pagine di Uscita di sicurezza. Concludo invitando i lettori che ancora non lo conoscono, a tuffarsi nell’intera opera di Silone, scrittore universale e intramontabile.