Domenica 18 Maggio 2025
SILVIA ANTENUCCI
Libri

Erica Cassano: "Il coraggio e la felicità. Le quattro giornate di Napoli una storia di resistenza popolare"

Il romanzo d’esordio di Erica Cassano, “La grande sete“, nasce dal diario della nonna "La protagonista non è un’eroina, ma una ragazza che in tempi difficili sceglie di agire" .

Festeggiamenti. dopo la fine dell’insurrezione che liberò Napoli dall’occupante tedesco al termine di quattro giornate di combattimenti (27-30 settembre 1943)

Festeggiamenti. dopo la fine dell’insurrezione che liberò Napoli dall’occupante tedesco al termine di quattro giornate di combattimenti (27-30 settembre 1943)

La sete atavica, inestinguibile. Quella del corpo ma anche dell’anima, che muove al desiderio e alla ricerca di conoscenza e libertà. La sete, come caratteristica fondante di un evento storico spesso dimenticato, le quattro giornate di Napoli nel 1943, durante le quali in città mancava persino l’acqua, e al contempo emblema di un bisogno femminile di libertà e di vita, è al centro de La grande sete (Garzanti), il romanzo di Erica Cassano stampato in cinquantamila copie e una gestazione che, da un master in scrittura e narrazione, è stato scelto da una grande agenzia e presentato agli editori più importanti.

Erica, il libro ha origine dal ritrovamento del diario di sua nonna, che ha vissuto nella Napoli della seconda guerra mondiale.

"Preferisco parlare di un racconto dei tempi felici, e non di un diario, rispetto al testo che mi ha lasciato lei. Sin da bambina, quando mia madre mi trovava spesso a leggerlo, mi ha sempre sorpresa come lei, negli anni difficili della guerra, riuscisse a essere comunque felice, coraggiosa. Che una cosa del genere fosse capitata a una persona così vicina a me, la quale aveva la fortuna insperata di avere inspiegabilmente l’acqua in casa, mi ha dato l’idea per il romanzo".

È un omaggio a sua nonna o anche il desiderio di riportare alla memoria collettiva un evento storico importante?

"Entrambe, soprattutto credo che le quattro giornate di Napoli siano state un momento molto importante della resistenza italiana, che è stato un po’ messo da parte forse in quanto è stata una resistenza che non ha avuto il tempo di diventare una guerriglia organizzata, come al nord".

Quanto c’è nella storia degli eventi reali tratti dal racconto e quanto d’invenzione?

"La storia che ho scritto non rimarca tutta quella vissuta da mia nonna, ma ho ideato vari elementi che l’hanno resa anche più fruibile da un pubblico più ampio, per esempio l’elemento della sete, che nel racconto originario non c’era, erano presenti solo dei suoi ricordi sul fatto che ogni tanto a casa c’era l’acqua. Questo dettaglio, insieme alla suggestione letteraria, mi ha portato ad iniziare il racconto".

È difficile per una giovane donna di origine calabrese trasferita in Piemonte raccontare Napoli?

"Mia madre è di Napoli, per me è casa, ci ho vissuto durante gli anni dell’università, ci vado spesso".

C’è l’influenza di Curzio Malaparte in queste pagine?

"Assolutamente sì, a partire dell’incipit, che è un omaggio a La pelle di Malaparte, che è stato per me fondamentale per respirare l’aria di quel momento storico e riuscire a comprenderlo e narrarlo".

Oltre alla protagonista Anna e a Napoli, ci sono altri personaggi che animano la storia.

"Mi sono piaciuti un po’ tutti i personaggi, mi hanno accompagnato per molti mesi. Amo molto la vedova Coppola, un personaggio un po’ misterioso che dall’inizio rivela il suo mistero, che sembra una donna temibile ma in realtà la sua unica colpa è quella di essere una donna sola, che possiede beni e denari, temuta e stigmatizzata da tutti".

La sua solitudine è reale o è quella dettata da un sistema sociale che non riusciva a validare una donna senza un uomo?

"Questo sicuramente, è sola in entrambi i sensi".

Il padre di Anna appare molto progressista.

"Ho preso ispirazione da quello che era il padre di mia nonna, che anche non essendo così tanto progressista desiderava che le figlie fossero indipendenti, le spinse a studiare e a essere libere di scegliere. Dopo la fine della guerra mia nonna si è laureata e ha lavorato per molti anni prima di sposarsi. Il padre è per lei una guida ed è anche il personaggio che a un certo punto, con la sua assenza, modella su di sé l’intera narrazione".

Come ha lavorato per ricostruire i dettagli della vita quotidiana di quell’epoca?

"Mi sono servita dei quotidiani dell’epoca e di alcune testimonianze orali, per esempio il racconto di un partigiano di 99 anni che mi ha dato preziose informazioni, nonché del libro Napoli ’44 di Norman Lewis, soprattutto la pagina nella quale racconta che le persone cercavano di distillare l’acqua del mare con dei marchingegni per poterla bere".

Questo romanzo si potrebbe inserire nel filone che narra storie di donne, spesso di un’altra epoca, impegnate a riscattare se stesse al di fuori di stereotipi e costrizioni. Cos’ha in più la sua storia rispetto alle altre?

"Innanzitutto ha di diverso il contesto storico, che non è stato ancora raccontato in altri romanzi; inoltre il fatto che la protagonista non vuole essere un’eroina, è solo una ragazza normale che in un tempo difficile deve agire, unitamente al fatto che la mia narrazione non si concentra unicamente su una singola donna ma è corale. Abbiamo quindi una storia di ampia umanità".

Come sta vivendo questo esordio?

"Insieme all’emozione per il libro, mi sento un po’ sopraffatta, ho dovuto abituarmi a una nuova vita scoprendo preoccupazioni che non conoscevo. Sono sensazioni nuove, sia il corpo sia la mente devono abituarsi. Ho il mio lavoro da gestire, nuovi racconti in uscita, insomma, sono fortunata perché la mia casa editrice mi sta sostenendo molto e non è una cosa scontata, ma è impegnativo. Bisogna accettare che fare lo scrittore non è solo mettersi lì a scrivere ma anche incontrare e confrontarsi con i lettori. Per me l’importante sono i lettori, non i numeri o le classifiche".

Sta pensando a un nuovo romanzo?

"Ho iniziato a pensarci, mi piacerebbe raccontare la mia terra, la Calabria".