Giovedì 19 Giugno 2025
RICCARDO IANNELLO
Libri

Alessandro Magrini: "Tutta questione di numeri. Ogni civiltà ci ha fatto i conti, ora potrebbero non bastare più"

“Nel segno di Thot“: un’esplorazione storica sui modi di concepirli e rappresentarli. Il dualismo arabi/romani, il rischio che i calcoli astronomici richiedano strumenti nuovi .

Una delle opere dedicate ai numeri di Robert Indiana (1928-2018), esponente statunitense. della Pop art famoso soprattutto per la serie di sculture “LOVE“

Una delle opere dedicate ai numeri di Robert Indiana (1928-2018), esponente statunitense. della Pop art famoso soprattutto per la serie di sculture “LOVE“

Giocando coi numeri dopo avere osato prima con le lettere dell’alfabeto ne Il dono di Cadmo. Ora arriva “la meravigliosa avventura dei numeri dall’antichità all’età moderna” con Nel segno di Thot (Ponte alle Grazie) presentato in anteprima qualche giorno fa a Trieste, al festival “Scienza e virgola” diretto da Paolo Giordano, Alessandro Magrini, filologo ed egittologo ma anche guida turistica, è un curioso esploratore della storia dell’uomo e della sua evoluzione intellettiva, fatta appunto di lettere e numeri.

Magrini, ma sappiamo usare i numeri nel modo giusto?

"Il mio testo non si preoccupa molto di questo, anche se sarebbe un argomento da studiare".

Che cosa racconta nel libro?

"Cerco di mostrare come nel tempo, partendo dal dio egizio Thot, l’equivalente di Hermes, ci si è posti di fronte ai numeri e quali sono stati i tentativi di rappresentarli più efficacemente nelle varie culture. E come eseguire le operazioni, quelle quattro semplici che impariamo alle elementari. Come si potevano eseguire i calcoli con i numeri romani? Ecco, il nostro sistema di numerazione è molto più adeguato sia nella grafica sia nella parte concettuale".

A chi è rivolto il volume?

"L’ho scritto in maniera leggera per un pubblico di non esperti, di curiosi dell’utilizzo dei numeri così come noi li conosciamo".

Lettere e numeri sono gemelli?

"Lettere e numeri vanno a braccetto, convivono nei loro sistemi di rappresentazione grafica da quando conosciamo i sistemi di scrittura".

Chi è nato prima?

"È difficile dirlo, uno è necessario all’invenzione dell’altro. Il punto di vista è: le loro storie ci devono fare divertire. I numeri hanno scalzato le lettere dopo che le stesse erano usate nel modo più tradizionale proprio per rappresentarli".

Un dualismo soprattutto fra mondo arabo e romano?

"Sì, d’altra parte continuiamo a usare l’alfabeto romano per indicare ad esempio i Papi: il numero XIV è una sequenza di lettere, ma per fare i calcoli non vanno bene e così al loro posto sono apparsi più congeniali i numeri, è stato inventato lo 0 e il gioco è fatto".

Saranno sempre sufficienti i nostri numeri?

"Per fare semplici calcoli sono comodi ed efficaci, ma per quelli astronomici potrebbero non servire più. Un numero che comprendesse trenta cifre sarebbe di difficilissima lettura, ci sono i puntini per aiutare ma è in ogni caso scomodo; per questo a partire dal 1400-1550 e poi capillarmente dal ‘700 sono state introdotte le potenze. Lo stesso vale anche per i numeri microscopici".

Quindi si potrebbe inventare un sistema diverso?

"Prevederne uno alternativo è difficile per me, ma potrebbe effettivamente essere scalzato dal sistema binario come nel calcolo elettronico. Chissà che tra uno o due secoli non si possa ridurre tutto a due cifre. L’umanità dovrà adeguarsi: io sono legato a tutta una serie di abitudini che la tradizione mi ha consegnato quindi mi è difficile pensare qualcosa di rivoluzionario che scardini le mie abitudini".

I numeri e la loro elaborazione sono atti di fede?

"Lo possono essere per sottolineare aspetti diversi. Se diciamo che Dio è uno e trino, ciò è una questione di fede. E anche di questo cerco di fare un accenno sempre leggero. Magari qualcuno vede come religiosa l’astrologia che è la sorellina azzoppata dell’astronomia, un tempo unite e tutta fondata sui calcoli".

C’è stata nella storia commistione fra numeri e lettere?

"Il termine tecnico è isopsefia: i numeri nel mondo greco erano rappresentabili con lettere dell’alfabeto. Ogni termine, ogni parola, ogni nome erano leggibili come insieme di numeri. Se due parole diverse davano come somma totale lo stesso numero allora potevi avviare una connessione tra due entità e di giochi ne uscivano fuori a scatafascio. Con l’importanza che veniva data in epoca ellenistica e imperiale, accidenti se i numeri possono in qualche modo essere legati alla fede e alle varie credenze".

La numerologia si muove in questo campo?

"L’isopsefia è numerologia visto che attribuisce un valore simbolico direttamente alle quantità che indicano queste cifre; le possibilità che si aprono a livello orientativo diventano infinite e interessanti".

Anche la smorfia in un certo senso appartiene a questo mondo?

"Con un numero sto indicando un’entità che non dovrebbe essere legata, non ci sono motivi in queste associazioni, ma se si radicano bisogna capire che è un modo di orientarsi lontano dalla scienza ma che va studiato con rispetto dal punto di vista culturale".

Come mai chiamiamo arabi i nostri numeri?

"Perché provengono da quel mondo. Il Fibonacci, che è il loro maggiore sponsor, nel dodicesimo secolo va a studiare in Algeria al seguito del padre che era il punto di riferimento in quell’area dei mercanti pisani. Il figlio fortunatamente si innamora dell’aritmetica e scrive il punto di partenza per l’utilizzo in Europa dei numeri arabi, che poi in realtà erano stati assimilati in India e infatti il Fibonacci li chiama “figure indorum“".

I numeri portano fortuna?

"Da noi, per esempio, il 13 è legato alla cultura del Totocalcio e quindi porta bene, ma nel resto del mondo no perché 13 sono i partecipanti all’Ultima cena..."

Magrini, da studioso delle lettere, qual è la sua lettera preferita?

"Sono due: la a e la e. La a è l’iniziale del mio nome e la prima lettera in moltissimi alfabeti; la e era appesa all’ingresso del santuario di Delfi e aveva un forte valore simbolico".

E il suo numero preferito?

"7. Ma lo dico senza pensarci".