Mercoledì 24 Aprile 2024

Lesbo Instinct in convento: scandalo Cannes

In gara “Benedetta“ di Verhoeven. Il regista del sexy-thriller con la Stone tra provocazione e blasfemia: "In realtà racconto solo fatti storici"

di Giovanni Bogani

Misticismo e sensualità. Religione ed erotismo. Visioni mistiche e amplessi gay all’ombra del convento. Il film Benedetta di Paul Verhoeven, in concorso a Cannes, racconta la vicenda di una suora che, nel Seicento toscano, vive una relazione omosessuale con una consorella. Tutto nasce da una storia vera: quella di Benedetta Carlini, riportata alla luce dal saggio di Judith C. Brown Atti impuri – Vita di una monaca lesbica nell’Italia del Rinascimento.

Voilà, lo scandalo è servito. Non è la prima volta che, al cinema, si incontrano conventi e segreti, tonache e atti impuri. C’è una vera ossessione che il cinema ha sviluppato per le suore: da Viridiana del sovversivo Luis Bunuel alle suore di Almodovar in L’indiscreto fascino del peccato, fino a Interno di un convento di Walerian Borowczyk. Il film di Verhoeven non è il primo, non sarà l’ultimo. Ma è in concorso a Cannes.

Chissà come verrà preso. Potrebbe avere tutti contro: gruppi cattolici, moralisti di ogni provenienza, ma anche chi pensa che, con questo film, abbia solo voluto sfruttare l’attrazione dello spettatore per il proibito. Oppure potrebbe accadere il contrario, come è accaduto – negli anni – per Basic Instinct, il film più famoso e più scandaloso del regista olandese. Attaccato all’uscita, per la sua rappresentazione di una femme fatale violenta e bisessuale, è stato accolto come coraggiosa rappresentazione di un personaggio Lgbtq, in tempi non sospetti.

Il regista, ottantadue anni, autore di enormi successi come Total Recall e RoboCop, acclamato in Europa per Black Book e per Elle, che nel 2016 valse a Isabelle Huppert una nomination all’Oscar, difende il suo film. "Ma se domani papa Francesco vedesse il film, si sentirebbe male, non crede?" gli chiedono. "Sì. Ma io non invento nulla, non cerco di scioccare lo spettatore. E a papa Francesco, in quel caso, consiglierei di leggere il saggio da cui prende le mosse il film. Nasce tutto da documenti scoperti negli archivi della Chiesa".

Prosegue il cineasta olandese: "Io racconto una storia realmente accaduta. E direi a Francesco di pensare a tutti i peccati che la Chiesa ha nascosto, nei secoli: i morti causati dalle Crociate, le donne bruciate vive perché credute streghe, e gli atti di pedofilia compiuti dai suoi membri, e fatti passare sotto silenzio". E sul suo personaggio, va oltre: "Dico che Benedetta è un’eroina, per la generazione #MeToo. Perché è una donna che ha accettato la sua sessualità, in tempi in cui essere lesbica poteva portarti al rogo". Anche se poi Benedetta fu salvata dalle fiamme – dalla peste – e venne "semplicemente" degradata dal suo ruolo di badessa e rinchiusa nel convento sotto sorveglianza, per i rimanenti trent’anni della sua vita.

Verhoeven attacca: "Stiamo attraversando un periodo di puritanesimo, nel cinema e nella vita. Eppure la sessualità è l’elemento più essenziale della nostra natura. E viene negato continuamente. Basta pensare a un piccolo particolare: sulle spiagge negli anni ’70 quasi tutte le donne prendevano il sole in topless. Adesso quasi nessuna. Film come Basic Instinct non si potrebbero più fare negli Stati Uniti".

Può sembrare paradossale che Verhoeven abbia scritto un saggio proprio su Gesù Cristo, Il vero Gesù di Nazareth. Nel quale non nega affatto che Gesù sia esistito: "Ci sono moltissime prove della sua esistenza", dice. "Ma lo inquadro storicamente, come una figura che ha usato il suo carisma per convincere i suoi seguaci dell’esistenza di Dio. Una figura che non esito a paragonare a Che Guevara". Il gusto della provocazione, comunque, non gli manca.

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