Mercoledì 24 Aprile 2024

Leonardo da Vinci, su Piastrella del 1471 (forse) il primo autoritratto

A sostenere la scoperta e svelare rebus e misteri del Genio di Vinci, sono lo studioso Ernesto Solari e Ivana Rosa Bonfantino, professore di grafologia comparata all'Università Lumsa di Roma

Sulla Piastrella datata 1741 (forse) il primo autoritratto di Leonardo

Sulla Piastrella datata 1741 (forse) il primo autoritratto di Leonardo

Roma, 21 giugno 2018 - Il primo dipinto di Leonardo Da Vinci è stato scoperto ed è e datato aprile 1471. Ha un inestimabile valore e ritrae il profilo dell’Arcangelo Gabriele. La notizia - non del tutto nuova, in quanto già apparsa sulle riviste scientifiche nel febbraio dello scorso anno -pare avere trovato nuove conferle: il volto di tre quarti. I riccioli d’acqua. E quei numeri a rebus sulla mandibola. Per gli studiosi non ci sarebbero dubbi, quel volto angelico, l’Arcangelo Gabriele realizzato su una piastrella in terracotta invetriata quadrata, sarebbe la più antica opera di Leonardo Da Vinci, prima firma del futuro “padre” della Gioconda e anche suo primo autoritratto, datato 1471. A sostenere la scoperta, lo studioso Ernesto Solari e Ivana Rosa Bonfantino, consulente grafologa già professore di grafologia comparata all’Università Lumsa di Roma. La firma “da Vinci lionardo” presente sul volto dell’Arcangelo Gabriele è “mimetizzata” sulla mandibola unitamente alla data “a 1471” e ad un rebus composto dai numeri 72 e 52 posizionati sotto il nome lionardo.

Eseguita da sinistra verso destra “imprigionata” nella sua 'Pittura d’eterna vernice', la firma autografa - secondo la dottoressa Ivana  Bonfantino - apparterrebbe al Genio di Vinci. Fino ad oggi l’unica firma nota di Leonardo era quella presente nel contratto per l’esecuzione del dipinto la 'Vergine delle Rocce' datato 25 aprile 1483, individuata nell’ottobre 2011 presso l’Archivio di Stato di Milano.

Oltre alla firma sul bordo inferiore del dipinto vi è la sigla 'LDV ib' ad indicare le proprie iniziali ed in modo abbreviato e speculare la propria località di origine “Lionardo Da Vinci di Vinci”. Tali rilevanti evidenze grafiche sono state sottoposte a complessa perizia grafologica comparativa con la firma e con gli altri scritti certi di Leonardo, includenti le scritte presenti sul paesaggio con fiume del 5 agosto 1473, visionato presso il Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi di Firenze; all’esito delle approfondite verifiche tecnico-grafiche si è potuto concludere e certificare che i tracciati grafici esaminati sono stati vergati di pugno dal giovane Leonardo Da Vinci nell’anno 1471.

Tale eccezionale "Pittura d’eterna vernice" eseguita su una piastrella in terracotta di forma quadra realizzata da Leonardo, la cui paternità storica artistica è stata confermata da autorevole studioso di Leonardo, che si è avvalso di complesse analisi di diagnostica artistica includenti l’analisi di termoluminescenza che data e autentica l’opera al XV secolo, l’analisi stratigrafica ed xrf dei pigmenti che ne hanno certificato la compatibilità, ed infine la perizia grafologica sui tracciati grafici presenti sull’opera. Il dipinto invetriato è stato realizzato da Leonardo da Vinci per dimostrare la superiorità della pittura sulla scultura, la cui tecnica esecutiva è descritta da Leonardo nel Trattato della Pittura sotto il titolo “Del far pittura d’eterna vernice: sarà meglio fare un quadro di terra ben vetriato e ben piano, e poi dar sopra esso vetriato l’imprimitura di biacca e giallorino; poi colorisci e vernicia, poi appicca il vetro cristallino con la vernice ben chiara ad esso vetro; ma fa prima ben seccare in istufa oscura esso colorito, e poi vernicialo con olio di noce ed ambra, ovvero olio di noce rassodato al sole”. I segreti sell'arte non smettono mai di stupire. Presentati oggi a Roma i nuovi aggiornamenti: un’indagine da 6 mila documenti e tre anni di studio, racconta lo studioso leonardesco Ernesto Solari, non priva di misteri da sciogliere, che parte dagli eredi dei nobili Fenicia di Ravello, oggi proprietari dell’opera, correndo indietro fino a quel 1471, quando Leonardo era un 19 enne appena uscito dalla bottega del Verrocchio e cresciuto nella fornace del nonno a Bacchereto.

 

Dipinta a simil-lustro (una tecnica sviluppata dai maestri toscani per resistere alla concorrenza dei più economici spagnoli), secondo un documento d’archivio «non più disponibile ma di cui si ha conoscenza», sarebbe stata donata ai Fenicia di Ravello da Giovanna d’Aragona nel 1499 «per servigi resi», comparendo poi in un lascito testamentario dell’800. «Bellissima già solo a guardarla», dice Solari, la piastrella «è stata analizzata da tre laboratori diversi». E tra termoluminescenza, stratigrafie dei pigmenti e analisi riflettologiche, ha cominciato a «parlare». Rivelando, ad esempio che nella cottura si è persa parte della palpebra. Che l’argilla, così povera di quarzo, arriva da Bacchereto-Montelupo. Soprattutto, sono emersi quei caratteri (precedenti all’ultima cottura e quindi coevi) che secondo la Bonfantino - comparati anche alle scritte del Paesaggio con fiume del 1473 e al contratto per "La vergine delle Rocce" - appartengono a Leonardo. C’è la firma «da Vinci lionardo», vergata da sinistra a destra, mimetizzata nella mandibola con la data; la sigla LDV ib (che ricorrerà nelle sue opere); e un piccolo rebus di numeri: 52, data di nascita di Leonardo, e 72 che rimanda a Gb-Gabriele.

 

Solari lo interpreta come un’identificazione con l’Arcangelo, rafforzata dalla somiglianza con l’autoritratto sul foglio 447 degli Uffizi, che pur «datato ‘47 può essere stato utilizzato più volte nel tempo». Il retro della maiolica, con 6 tasselli moltiplicati per 6, rimanderebbe alla quadratura del cerchio e al tema della ricerca della perfezione. «Nel 1471 - prosegue lo studioso - l’Arcangelo Gabriele era un vera star», anche per l’apparizione concessa al Beato Amadeo da Silva. E visto che « Leonardo era Leonardo anche da giovane», non stupirebbe la scelta di un tema tanto in voga per iniziare a farsi un nome.

 

Giallo nel giallo, è però come la maiolica sia arrivata a Giovanna d’Aragona. Sposando la tesi di Leonardo a Napoli nel ‘99, «potrebbe esser stato un suo dono alla sovrana dopo il parto o per ringraziarla di aver posato per un suo ritratto». Oppure, Leonardo avrebbe potuto esporre l’opera «a Firenze nel ‘71, in occasione dei grandi festeggiamenti per l’Annunciazione». La maiolica sarebbe potuta così entrare tra i beni di Galeazzo Maria Sforza ed esser poi donata da sua nuora Isabella d’Aragona alla zia Giovanna. «Di valore inestimabile» l’opera sarebbe così oggi «una rara testimonianza della giovinezza di Leonardo», seconda per datazione solo al disegno della Valle dell’Arno (1469). «Di certo lui puntava già all’eternità - conclude Solari - Noi oggi apriamo il dibattito, ma ci sentiamo forti perché abbiamo a sostegno tutti gli esami e le dimostrazioni scientifiche, pronti a mostrarle a tutti». Una copia dell’opera da domani sarà al Museo da Vinci Experience di Roma insieme con la macchina per quadrelle del Maestro.

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