Martedì 22 Aprile 2025
LORELLA
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Le mille vite di Mauro Corona: "Ormai mi restano solo i monti"

Alpinista, scrittore, scultore. Su di lui è in uscita un nuovo docufilm “La mia vita finché capita“ "Ma io non lo guarderò, ora vorrei solo fare la risacca di me stesso e rimanere nella mia tana".

Mauro Corona, 74 anni, trentino di origine, è scalatore, scultore e scrittore

Mauro Corona, 74 anni, trentino di origine, è scalatore, scultore e scrittore

Capparucci

"Sono stato partorito sul carretto dei miei, venditori ambulanti, per le strade di montagna. Era il 1950... Tutti i genitori si preoccupano quando i figli non tornano la sera, mio padre si preoccupava quando tornavo... Mia madre l’ho vista saltare su un furgoncino rosso: avevo 6 anni, tornò che ne avevo 13. Scappò per salvarsi la pelle. Mio padre la picchiava, è andata in coma tre volte...".

Lo scrittore Mauro Corona non risponde subito al telefono. Poi ci ripensa. Un inizio in salita per poi finire con una chiacchierata "che è stata onesta e pulita". Corona è il protagonista del docufilm ‘La mia vita finché capita’ di Niccolò Maria Pagani, in uscita al cinema il 5 maggio con Wanted, dopo essere stato in anteprima mondiale al Trento Film Fest. In occasione del film Corona ha aperto la sua “tana” (ad Erto in Friuli) al pubblico. Una lampadina pende su un tavolo da falegname, tutto attorno utensili e libri. Sul grande schermo il ritratto di un uomo controverso e malinconico che si racconta.

Lei dorme su una panca di legno.

"Si, non amo le comodità. E mangio solo quando ho fame".

Corona, parliamo del film.

"Mi dica una cosa: è bello o no? Io non mi sono mai piaciuto. Ho ottenuto quello che avrei voluto da giovane: un po’ di notorietà, ma adesso vorrei fare la risacca di me stesso e restare fra i miei monti".

I monti dove incontra anche qualche amico: lo scrittore Erri de Luca e poi Davide Van De Sfroos e Piero Pelù (le musiche sono di Omar Pedrini).

"È stata una scelta del regista: ci lega la fragilità che non abbiamo mai dimostrato se non cantando o scalando montagne".

La voce di Giancarlo Giannini narra luoghi e situazioni.

"Lo conobbi a Torino e mi chiese una foto, allora gli ho risposto: “Sono io che chiedo una foto a lei”, e mi offrì una sigaretta".

Lei è autore di una quarantina di libri e bestsellers, volto noto in tv grazie a “Carta bianca” con Bianca Berlinguer.

"Scrivi 40 libri, scali montagne, fai lo scultore ma non esisti. Vai a fare il pagliaccio in tv e diventi famoso".

Scenderà a valle per presentare il film.

"Per rispetto al regista e al mio agente letterario verrò a Milano il 15 all’Anteo. Dirò solo due parole ma non assisterò al film. Poi la sera sarò con la Berlinguer".

La montagna è l’altra protagonista della pellicola. Lei parla della sua storia legata al territorio e alla tragedia del Vajont.

"Ho scritto un libricino che si intitola: “Vajont, quelli del dopo”. Poi sono arrivati gli esperti, anche gente che non era nemmeno qui quella sera".

Oltre ad essere uno scrittore lei si definisce scultore e scalatore. Cominciamo dallo scrittore. Ha detto che quando scrive non va mai a capo “per non lasciare sole le parole”.

"Si chiama orror vacui, orrore del vuoto. Riempio le pagine scrivendo fittissimo. Anche quando lavoro il legno, non lascio un millimetro libero. Lo scalatore? C’è una bella frase di un mio amico: avevo paura del vuoto finchè l’ho vinto fino a farne un punto d’appoggio. È il destino di chi vive in verticale".

Nel film dice “lavoro per non spararmi”...

"Antonin Artaud che morì in manicomio disse: nessuno ha mai dipinto, fatto musica, cantato se non per uscire di fatto dall’inferno. Io faccio delle cose per non pensare alla paura della morte. Lo fanno tutti, in fondo, ma nessuno ha il coraggio di dirlo, nessuno dice la verità".

Scetticismo verso gli altri.

"Si, mi trovo malissimo in un mondo che non dice la verità. La Rochefoucauld nel 1720 diceva: nelle disgrazie dei nostri amici c’è sempre qualcosa che non ci dispiace affatto. Aveva ragione. Non sopporto chi ti dice: "Ciao come stai?". E in realtà magari non vede l’ora che crepi".

Sul grande schermo i ricordi legati alla sua famiglia. E anche l’incomprensibile violenza.

"È stata dura. Eravamo orfani con i genitori viventi. Mia madre l’ho vista sorridere solo in una foto: quella che poi ha sulla sua tomba. L’unica volta che ride è nella foto della morte. Non avevamo la coscienza di capire questo dolore. Il dolore arriva adesso".

Lei ha quattro figli. Che rapporto ha?

"Bellissimo: sono felice quando mi dicono che sono sani".

Che società vede fuori dalla sua tana?

"La società siamo noi. Confusa e bombardata dalla tecnologia, dai social, dai media. I social? Ma uno che chiede l’amicizia sui social: ma che c.... chiedi l’amicizia! L’amicizia???".

Nella scorsa puntata di “È sempre Carta bianca” è apparso con un bicchiere di latte.

"Ho avuto molte difficoltà col vino. Ma adesso sto cercando la quiete... ma non perchè mi hanno ritirato la patente... È che l’alcol tira fuori l’aggressività. Sto cercando di combattere col demonio".

“Le radici sono prepotenti”.

"Le radici sono elastiche, si tendono e diventano sottilissime ma se molli la presa con un colpo - bam - ti riportano a casa".

E quell’epitaffio beffardo che ha scritto...

"“Qui giace Mauro Corona, uomo iniquo e perverso. Pregare per lui, è tempo perso”".