Facciamo un passo indietro: è il 5 aprile del 1996 quando Ferie d’agosto, seconda pellicola diretta da Paolo Virzì, arriva al cinema. Mel Gibson ha vinto l’Oscar per Braveheart e poche settimane dopo Romano Prodi vincerà le elezioni con l’Ulivo. Un altro mondo, insomma. Solo due anni prima Virzì era stata una delle rivelazioni della scena con La bella vita: Sabrina Ferilli, Massimo Ghini, Claudio Bigagli e la vittoria di David di Donatello, Nastro d’argento e Globo d’oro: "E da lì arrivavo, da quell’opera prima triste, dolente e dolorosa sulla crisi sentimentale di una coppia operaia di Piombino", ricorda Virzì, che il 7 luglio all’arena Ciné in Città di Riccione sarà protagonista di un dialogo con Hot Corn.
"Il film ebbe una certa risonanza e quindi, poco tempo dopo, mi chiamò quella che era la major del momento: ’Cecchi Gori Group’, che al tempo produceva anche film d’autore, ma soprattutto commedie spensierate e natalizie. Mi posi il problema su quale potesse essere un mio progetto adatto a loro. Pensai che potevo infinocchiarli allestendo una commedia balneare che, al primo colpo d’occhio potesse assomigliare a una commedia dei Vanzina per nasconderci dentro qualcos’altro". E possiamo dire che ci riuscì, perché Ferie d’agosto divenne quasi subito un classico del cinema d’italiano, una fotografia di un tempo spezzato in cui il Paese era diviso in due.
"Io e Francesco Bruni lo scrivemmo nel 1994 e poi girammo nel 1995. Per capire il film oggi bisogna però ricordare che venne scritto nell’anno in cui ci fu la discesa in campo di Silvio Berlusconi – ricorda il regista – che di fatto spaccò l’Italia in due. Provammo a mettere in burla questa cosa, inserendo anche dei momenti di autocanzonatura rispetto ad amici che già vedevano il nostro Paese destinato a una specie di declino disperato. Insomma, era l’Italia del karaoke e di Colpo Grosso contro l’Italia dell’Unità e dell’impegno…".
Andrea Morandi
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