In una battuta di questo implacabile thriller della scelta, di cui ormai il cinema iraniano è insieme riconosciuto maestro e predicatore di brand, si dice: “Ti basta dire no”. Facile? Quanto è possibile quando la propria salvezza si confronta con la disumanità del potere? Nell’Iran di oggi, dove permane una contraddizione tra fede e giustizia, e tra giustizia e diritto alla vita, quattro episodi, quattro protagonisti, hanno un’intima e terribile relazione intorno a queste domande,
e va lasciata allo spettatore
la scoperta di ciascun dramma di coscienza e libertà negata dal sistema di leggi,
perché proprio per ogni caso brilla in modo diverso una uguale, ambigua, risposta.
Diciamo che il regista Mohammad Rasoulof, censurato e condannato più volte, mai distribuito nel suo Paese, rispetto alla serrata “analisi logica” della realtà di Asghar Farhadi o Jafar Panahi, ci porta nei momenti di sospensione e crisi dei personaggi, più caldo, meno matematico, di simile statura morale, incline a metafore visive aperte, che sia il muro opprimente di un istituto di pena o un’auto immobile al semaforo nella notte.
Orso d’oro alla Berlinale del 2020.
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