Le botte, la droga, l’aborto: la verità su Liz Taylor

Picchiata dal padre, maltrattata dai mariti, dipendente da alcol e pillole: l’unico amore quello per Burton. Immenso ma impossibile

Esce ora negli Usa la prima biografia "autorizzata" di Liz Taylor (1932-2011)

Esce ora negli Usa la prima biografia "autorizzata" di Liz Taylor (1932-2011)

È il loro primo incontro, lui la vede, le si avvicina: è convinto di far centro, perché con le donne fa sempre centro, e – pigiando il tasto modalità sexy sul pannello che controlla l’inconfondibile voce profonda – le sussurra: "Nessuno ti ha mai detto che sei molto carina?". Lei non fa una piega, spalanca solo gli occhi viola. Poi risponde, in modo che la sentano bene tutti i presenti, operatori, macchinisti, truccatori: "Eccolo qui il grande seduttore, il grande amatore. Il grande spirito, il grande intellettuale del Galles. E cosa fa? Se ne esce con una battuta del genere?".

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L’amore leggendario tra Liz Taylor e Richard Burton s’infiamma – come si sa – sul set italiano di Cleopatra: Cinecittà, 1962, Liz trent’anni, Richard 37. Liz ha già tre matrimoni alle spalle, il quarto – con Eddie Fisher – è in corso, insieme ai mariti ha alle spalle anche una trentina di film di cui è stata superstar fin da bambina, tre nomination all’Oscar come migliore attrice e un Oscar appena vinto (1961) per Venere in visone. Lui? Nato in un villaggio dal nome impronunciabile (Pontrhydyfen) sperduto nel Regno Unito, dodicesimo dei 13 figli di un minatore, baciato dopo gli studi ad Oxford dal successo teatrale nel nome di Shakespeare, dal 1950 è sotto contratto con una major di Los Angeles, la 20th Century Fox, e dal ’49 è stabilmente/infedelmente sposato con l’attrice e regista Sybil Williams.

Con l’autrice Kate Andersen Brower che ha lavorato tre anni agli archivi di famiglia (comprese 7.358 lettere e note personali), la nuova biografia Elizabeth Taylor: The Grit and Glamour of an Icon è la prima "autorizzata" sulla diva a uscire ora negli Usa (per Harper; in Italia non ha ancora un editore) e all’esatto momento dell’inizio di quell’amore il libro mette addirittura una data: 22 gennaio 1962, la cinepresa è pronta per girare la prima scena insieme dei due divi. Richard la sera prima si è ubriacato bevendo tutto il bevibile; il ciak è alle cinque del pomeriggio, e lui non dorme da due notti. Prova a prendere una tazza di caffè, ma non riesce a portarla alle labbra, perché le mani gli tremano troppo. A quel punto chiede aiuto alla ragazza carina: "Tieni questa, amore, me la porti alla bocca?". Lei lo fa, e inizia a ridacchiare.

"In quel momento era così messo male (slub, sciatto)", raccontò poi Liz "era un tale disastro, e io guardavo quegli occhi verdi che brillavano e mi sorridevano e lui ha finito l’intera tazza di caffè e abbiamo continuato a fissarci". Era così vicina a lui che vide sul suo volto, sottopelle, le macchie dei capillari rotti, quelle macchie che in inglese si chiamano poeticamente “fiori di grog“ ma sono solo le stimmate degli alcolisti. E "stranamente, fu quello il momento in cui mi innamorai di lui", disse Liz. Lui ovviamente era già stracotto di lei: "Da subito – le parole di Burton –: un miraggio della bellezza dei secoli, irresistibile come l’attrazione della gravità". Il resto è storia nota, i due matrimoni inframezzati da un divorzio, le liti feroci e i gioielli maestosi per far pace, il film realizzato insieme Chi ha paura di Virginia Woolf? (’62) con cui lei vince l’Oscar (il secondo) e lui no, lui ha paura di provare gelosia per il successo e il potere della moglie, lei ha solo paura che lui la tradisca con Sophia Loren.

Si scrivono, si scrivono: da sposati, divorziati, risposati e ridivorziati: lui: "Ti amo tanto come una malattia. Sono persino geloso del tuo letto..."; lei; "finché tu mi ami va tutto bene, brufoli, stupidi fianchi, doppio mento..."; lui: "Sei una stupida con un bel paio di tette"; lei: "Siamo attaccati come piume di pollo al catrame, per amore, per sempre". Il risultato? Un amore troppo divorante per durare, alla Truffaut: né con te, né senza di te. Ma quello che la nuova biografia aggiunge è una chiave di lettura che contenga questo amore immenso eppure impossibile, che lo definisce. E la chiave sta nell’incontro, nel riconoscersi, di due gigantesche anime fragili.

La nuova biografia è la biografia della fragilità di Liz: felice superstar fin da bambina, dai tempi di Lassie? Macché: vederla appena nata col volto coperto di peluria nera fece quasi impazzire sua madre, ma a distruggere Liz definitivamente e fin da piccola fu il padre, che la picchiava poiché si sentiva “umiliato“ dal fatto che sua figlia a 12 anni guadagnasse più di lui. I lividi impressi sul suo cuore dal padre hanno fatto tutto il resto: la diva Liz ha impiegato tutta la vita a cercare di curarne il dolore, cedendo ad ogni dipendenza. Le pillole, gli antidolorifici: li ingozzava da adolescente, negli anni ’70 era talmente fuori di sé da chiedere a suo figlio Chris che fosse lui a iniettarle il Demerol. L’alcol: arrivava a nascondere la bottiglia di Jack Daniel’s sotto il caftano.

Gli uomini: sette mariti, dal cantante Eddie Fisher così violento con lei da puntarle una pistola alla tempia dicendole: “no, sei troppo bella per morire“, al senatore John Warner che – pur sfruttandola per la carriera politica – sottolineava il suo aumento di peso chiamandola "la mia piccola giovenca". Gli amanti: Frank Sinatra, che la costrinse ad abortire il figlio che aspettava da lui; Colin Farrell con cui avrebbe dovuto celebrare il nono matrimonio, prima che la morte la portasse via nel 2011, a 79 anni.

Dipendente, soprattutto, dalle anime fragili in cui si rispecchiava: Montgomery Clift, Michael Jackson. "Hollywood – diceva Welles – è un camposanto dove i morti respirano". Non fosse stato l’imperatore delle iperboli, non sarebbe stato Orson: ma se non proprio morti tanti, troppi divi a Hollywood hanno respirato a lungo vivendo esistenze gloriose e lussureggianti mentre almeno metà della propria anima era già stata prematuramente sepolta all’inferno. Tra loro, Liz.

 

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