Giovedì 18 Aprile 2024

L’attentato, le ferite, il romanzo: torna Rushdie

Quattro mesi dopo l’aggressione subita negli Stati Uniti, lo scrittore indo-britannico anticipa il primo estratto di “Victory City“

Migration

di Riccardo

Jannello

Si intitola Victory City il quindicesimo romanzo di Salman Rushdie, il settantacinquenne scrittore indiano naturalizzato britannico (e baronetto) che vive con la fatwa dell’ayatollah Khomeyni che dopo la pubblicazione nel 1988 di I versi satanici, romanzo considerato impuro, chiese ai veri musulmani di ucciderlo. Il 12 agosto scorso un accoltellatore integralista, Hadi Matar, ci è quasi riuscito sul palco di Chautauqua, a nord-ovest di New York, dove l’intellettuale di etnia dardica e famiglia islamica, anche se si definisce ateo, stava per tenere una conferenza. Nell’attentato lo scrittore ha perso un occhio e l’uso di una mano; la notizia è stata data dal suo agente, il celebre Andrew Wylie.

A distanza di quasi quattro mesi Rushdie –le cui condizioni di salute hanno più volte fatto temere il peggio – ha scritto un post su Twitter – mancava sul social dal 9 agosto, tre giorni prima di essere scampato alla morte – annunciando che il romanzo uscirà nel prossimo febbraio negli Stati Uniti per Penguin Random House e affidando al sito del New Yorker il primo estratto (che apparirà anche il 12 dicembre sulla prestigiosa rivista).

Victory City racconta l’epopea di una donna nel XIV secolo in una terra che oggi fa parte dell’India, da cui Rushdie si è esiliato dopo essere incorso negli strali – lui che al potere, soprattutto religioso, non ha mai taciuto nulla – della famiglia Nehru-Gandhi.

Il capitolo reso noto si chiama A Sackful of Seeds (un sacco di semi) e il suo incipit, che anticipato dall’editore ha già fatto il giro del mondo, dice così: "La storia della città inizia nel XIV secolo dell’Era Comune, nel sud di quella che oggi chiamiamo India o Bharat o Hindustan. Il vecchio re, la cui testa rotolante ha dato il via a tutto, non era un granché come monarca, ma solo il tipo di sovrano surrogato che spunta tra il declino di un grande regno e l’ascesa di un altro. Il suo nome era Kampila, del piccolo principato di Kampili-Kampila Raya, dove raya è la versione regionale di raja, re".

Anche questo romanzo contiene al di là di ogni metafora riferimenti alla realtà attuale e la finzione interpolata alla storia è un modo col quale Sir Salman affronta, sempre con una punta di critica, la situazione attuale di quel continente complesso che è l’India.

D’altronde I versi satanici è risultato un connubio, riuscito letterariamente e una bomba politicamente, fra la storia di due contemporanei indiani salvi miracolosamente da un incidente aereo e la rivisitazione romanzesca di alcuni aspetti della cultura islamica e dei rapporti dei vari Stati con problemi reali come ad esempio l’immigrazione; ma è un dissacrante capitolo che vede protagonista il profeta Maometto che l’allora guida spirituale dell’Iran, l’ayatollah Khomeyni, bollò come sacrilego pronunciando la condanna a morte con l’accusa di bestemmia che nonostante gli anni passati rimane sempre pendente sulla testa di Rushdie.

E non solo sulla sua: il traduttore italiano dell’opera, Ettore Capriolo, venne accoltellato nella sua abitazione milanese da un fanatico il 3 luglio 1991 ma è sopravvissuto, come l’editore norvegese William Nygaard, colpito con un‘arma da fuoco nell’ottobre 1993. Molto meno fortunato il traduttore giapponese Hitoshi Igarashi, autorevole islamista, ucciso a Tokyo il 12 luglio 1991.

Rushdie – che ha sempre scritto in inglese anche quando viveva in India – con la sua fantasia e visionarietà nell’affrontare temi che mischiano storia e attualità, passato e futuro, viene avvicinato a quel realismo magico tipico degli scrittori latinoamericani che ha in Gabriel Garcia Marquez l’esponente di punta. Anche Rushdie racconta epopee di popoli combinati con la realtà: non realista nel senso classico, ma dotato di una fantasia ipnotica.

A differenza di Marquez, lo scrittore indo-britannico non ha mai avuto la consacrazione del Nobel, al quale è stato più volte candidato come bandiera della libertà di espressione più che come romanziere in senso stretto.

Intanto è ancora alle prese con una dolorosa convalescenza: le cicatrici dell’attentato rimangono, un occhio e una mano sono perduti. Ma l’annuncio di Victory City è visto come un ritorno alla vita. Fatwa permettendo.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro