Martedì 16 Aprile 2024

L’affresco di Ercolano torna a casa da New York

Gli Stati Uniti restituiscono all’Italia 140 tesori trafugati illegalmente: tra questi il capolavoro da un milione di dollari con Ercole bambino

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di Beatrice Bertuccioli

Più di 140 opere antiche trafugate sono state consegnate ieri alle autorità italiane a New York. Tra i capolavori recuperati, del valore complessivo di 14 milioni di dollari, un affresco rubato dal sito archeologico di Ercolano, conosciuto come l’“Affresco di Ercolano“, 50 a.C., con un Ercole bambino che strangola un serpente. L’opera è stata sequestrata al finanziere Michael Steinhardt – collezionista compulsivo di tesori d’arte illeciti – un anno fa: vale un milione di dollari, ed è tra i 180 oggetti consegnati da Steinhardt, 81 anni, agli investigatori italiani e americani dopo un’indagine su di lui iniziata nel 2017 e terminata nel 2021 con il patteggiamento, il bando a vita dal mercato dell’arte e la restituzione dei capolavori acquistati in gran parte dal trafficante d’arte Robert Hecht. In tutto le opere restituite all’Italia ieri sono 142, 48 sono di Steinhardt, circa 60 rinvenute alle Royal-Athena Galleries di Manhattan. Tra queste, anche un affresco del IV secolo avanti Cristo rubato a Paestum. Appena tornate in Italia, le opere saranno esposte a Roma nel nuovo Museo dell’Arte Salvata, nell’Aula Ottagona del Museo Nazionale Romano.

Il Museo è nato apposta per accogliere le opere d’arte trafugate, illegalmente esportate e vendute, spesso con certificazioni tanto false quanto meticolosamente eseguite. Recuperarle, restituirle alla comunità, comporta un lavoro di anni, di indagini scrupolose a livello internazionale. Il Museo ospita già centinaia di opere riportate in Italia dagli Stati Uniti dal Reparto Operativo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale: reperti archeologici da scavi clandestini in varie aree italiane, di epoca compresa tra l’VIII secolo a.C. e il III secolo d.C. Nel Museo dell’Arte Salvata le opere rimangono in mostra qualche mese per poi essere ricollocate, nei casi in cui se ne sappia la provenienza, nei musei e luoghi di appartenenza.

Le opere recuperate, grazie a varie attività investigative condotte in collaborazione con le autorità statunitensi, sono state sequestrate presso musei, case d’asta e collezioni private in varie località d’oltreoceano. Il loro percorso, quello consueto: scavi clandestini, ricettazione, esportazione illecita. Molti i reperti sequestrati anche a Basilea tra i quali anfore, crateri, statue votive, marmi per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.

Molte delle opere già esposte sono state recuperate grazie all’indagine chiamata “Operazione Teseo“, iniziata a margine del recupero del famoso vaso di Assteas dal Getty Museum di Malibù, in pratica una “costola“ di un’indagine principale, molto importante partita nel 1995. In particolare allora venivano seguite le mosse di un intermediario italiano operante in Svizzera che aveva curato la vendita del vaso al museo californiano. Un nome già noto agli investigatori perché presente in una mappa dei criminali operanti nel settore a vari livelli, dal tombarolo al mercante internazionale, sequestrata dai Carabinieri a un ricettatore campano, elemento di primo piano nel panorama mondiale dei traffici d’arte illeciti.

Un’attività illecita e fiorente, un impero commerciale con base in Svizzera e radici nel sud Italia. Grazie anche alla collaborazione della polizia di Ginevra e di Basilea, in quest’ultima città, nei primi anni del Duemila, sono stati individuati vari magazzini riconducibili a questo trafficante e alla moglie, socia in affari. Erano zeppi di reperti provenienti da aree archeologiche italiane e di fotografie prima e dopo il restauro dell’opera, falsi expertise, una preziosa miniera di informazioni tuttora sfruttata dagli investigatori. Perché all’epoca, una ventina d’anni fa, il meccanismo prevedeva una prima fase di restauro e la successiva creazione di false attestazione sulla provenienza. I reperti venivano quindi venduti in Inghilterra, Germania, Usa, Giappone e Australia, con una serie di passaggi per simulare compravendite legali, magari a collezioni private prima dei grandi musei.

Negli ultimi vent’anni però si è gradualmente sviluppata un’attenzione e cooperazione diversa in questo campo. Dalla Svizzera agli Usa, sulla scia del Metropolitan di New York, i musei sono sempre più impegnati a garantire la provenienza lecita delle opere che entrano nelle collezioni. Se così non è, la destinazione italiana è d’ora in poi il Museo dell’Arte Salvata.

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