Mercoledì 24 Aprile 2024

Lacrime di Marco: "Felice di essere emotivo"

Il vincitore racconta la sua canzone: "Nel brano porto alla luce quelle verità e paure che nascondiamo, perché ci fanno soffrire"

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di Andrea Spinelli

Ultimo rinchiuso nella sua stanza, Mengoni in lacrime. Per i protagonisti assoluti di questo settantatreesimo Sanremo l’ultimo miglio è stato il più duro. "Scusate, sono molto felice ma anche molto emotivo" ha detto l’idolo di Ronciglione, 34 anni, in conferenza stampa, dopo essersi ripreso dal momento di commozione. Marco è al terzo Sanremo: il primo nel 2010, subito dopo la vittoria di X Factor 2009, con Re Matto; il secondo nel 2013, con la vittoria de L’essenziale. "Sono anche le poche ore di sonno – confessa lui, che ora ha anche vinto la serata dei duetti 2023 con Let it Be e il Kingdom Choir –. Fortunatamente è andato tutto molto bene, oltre le aspettative. Fossi tornato a casa ieri, sarei stato iper-felice lo stesso".

Una bella avventura?

"Questo ritorno all’Ariston non me la sono goduto tanto per il fatto di essere favorito, pensiero che a cui ho cercato di sfuggire in ogni modo, ma per il piacere di stare su quel palco. Tra Roma e Sanremo, infatti, sono bastate cinque prove con l’orchestra per trovare lo stesso feeling che ho con la band con cui mi esibisco da quattordici anni. E poi me la sto godendo perché il Festival è comunque una figata in sé: a Sanremo vincono sempre il divertimento e la musica".

Cos’è cambiato rispetto a dieci anni fa e alla vittoria de L’essenziale?

"Questa volta ho avuto a mia disposizione diversi strumenti in più. Sono molto meno capace di un tempo di tenere questa emotività legata ma ho provato a gestirla senza tarparle le ali, senza porre limiti alla mia anima".

Conclusioni?

"Bisogna rimettersi in gioco nella vita e anche sbagliare, così non volevo fare altro che portare sul palco dell’Ariston me e il mondo dei miei concerti".

Di cose ne sono successe.

"Sì, tante. E non solo nella mia vita pubblica, ma pure in quella privata: ci sono stati alti e bassi, ma ho vissuto anche grandi gioie e grandissimi dolori. Sono cresciuto e ho qualche capello bianco in più".

Perché al Festival ha portato un brano sulle paure che proviamo un po’ tutti come Due vite?

"Perché i miei sogni sono popolati, come i film di Federico Fellini, da quelle verità che nella vita reale una macchina perfetta come la mente ci nasconde. Per non farci soffrire. Quelle paure e lacerazioni su cui indaga la mia terapista, che è molto brava".

Non era un brano nato per il Festival.

"No, ma era giusto portarlo all’Ariston. Ci ho pensato e ripensato mille volte, poi mi sono detto: “già avevi mille cose, perché ti sei infilato in questo vortice?“. Ma il Festival ti tiene vivo e ti stimola ad andare avanti".

A chi lo dedica?

"A mia madre, a cui voglio molto bene e che mi è stata vicino nei momenti più difficili. In questi ultimi anni è stata fortissima".

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