"La Voglia matta di liberare un’Italia bigotta"

Ricky Tognazzi ricorda 60 anni dopo il film di Luciano Salce con suo padre Ugo e Catherine Spaak. "Oggi nel cinema non si osa più"

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di Giovanni Bogani

"La voglia matta? In fondo quel film raccontava un tema universale: un uomo di quarant’anni s’innamora di una ragazza giovane, s’illude di essere riamato, spera di essere all’altezza di quella prepotente, invincibile giovinezza. Quel film, fra l’altro, prefigurava anche l’ondata di ribellione, la presa di potere dei giovani del Sessantotto". Al Festival del cinema europeo di Lecce, c’era una sala di cinema strapiena per vedere un film di sessant’anni fa. Si proiettava, in versione restaurata dal Centro sperimentale di cinematografia, La voglia matta di Luciano Salce. Protagonista uno splendido Ugo Tognazzi, e una sfrontata, irriverente, seducente Catherine Spaak.

Un film in un bianco e nero – nel recupero dei mille grigi diversi, ad opera del restauro – quasi commovente, per tutti i dettagli che riesce a restituirci, di un mondo che non c’è più. Per quanti colori si tiene dentro. Il pubblico in piedi ad applaudire.

In platea, commosso anche lui, Ricky Tognazzi, ospite d’onore della rassegna diretta da Alberto La Monica. Attore, sceneggiatore, regista, figlio di Ugo, fratello di Gian Marco, Maria Sole e Thomas. Il fratello maggiore, quello che Ugo ha portato per primo con sé sul set, a giocare col cinema: era lui il figlio di Ugo nel primo episodio dei Mostri, in cui il padre gli insegnava tutti i peggiori trucchi da prepotente: e Ricky aveva una meravigliosa faccia triste e sincera. Lo incontriamo, a margine della proiezione de La voglia matta, in un caffè.

Ricky, qual era l’Italia de La voglia matta?

"Era un’Italia che prefigurava quella che sarebbe venuta dopo. Quel gruppo di ragazzi, un po’ sprezzanti, borghesi ma ribelli, che fanno un po’ come gli pare, che prendono in giro il ‘borghese’ Ugo, sono già una anticipazione dei ragazzi del ’68, quando ancora nessuno lo poteva neanche immaginare".

Un quarantenne sedotto da una teen ager. Sarebbe possibile oggi un film così?

"È un tema che hanno toccato altri film: nello stesso anno usciva Lolita di Kubrick, con Humbert Humbert che perdeva la testa per l’adolescente Lolita; per non parlare dell’Angelo azzurro, già nel 1930 un professore folle d’amore per una ballerina troppo più giovane… Oggi credo che quel tema esista lo stesso. Però il cinema degli anni ’60 aveva il coraggio di rappresentarlo".

È uno dei primi film che rappresentano la libertà di costumi delle ragazzine, un po’ come il personaggio della Spaak nel Sorpasso…

"È una libertà sessuale che addirittura sembra ‘americana’, sembra la prefigurazione di Woodstock. Catherine Spaak incarna il desiderio sessuale e la libertà con grande candore, grande innocenza, e insieme grande consapevolezza di essere provocante. Oggi, prima di mettere in scena questa storia, si entrerebbe in un vortice di moralismi, e non la si girerebbe".

Che Italia era, quella?

"Era un’Italia meno libera, ma con più voglia di libertà. Un’Italia compressa dal pensiero dominante democristiano, dal bigottismo generale. Ma c’erano degli artisti molto più liberi e coraggiosi, che rendevano questo paese molto più libero di quello che è adesso".

Adesso com’è?

"Adesso i ‘cantastorie’ – registi, scrittori, artisti – graffiano di meno".

La commedia all’italiana e la commedia di oggi. Che differenze vede?

"Nella sua ferocia, la commedia all’italiana degli anni ’60 non regalava ‘happy ending’. Era dura, come la realtà, raccontava vizi e difetti di un’Italietta sgangherata, ma andava fino in fondo, senza pudori. Oggi c’è l’ansia di voler essere etici, di proporre una morale. C’era, allora, una libertà che gli autori oggi non hanno".

Che cosa le manca oggi di Ugo Tognazzi?

"La sua voglia di stare insieme agli altri, la sua capacità di farli stare bene. I figli, la moglie, gli amici: per lui era importante che le persone stessero insieme. La cucina? In fondo era una scusa, uno specchietto per le allodole, per far riunire tanta gente insieme. Mi manca la sua anarchia, un po’ folle e dissennatamente sentimentale".

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