
Sofia Assirelli sceneggiatrice dell’emozionante pellicola di Scarano sui fratelli Tercon
Tutto parte da una storia vera, quella di Damiano e Margherita Tercon, fratello e sorella, lui autistico, diventati insieme a insieme a Philipp Carboni il trio dei Terconauti, seguitissimi sui social, ora in libreria con il loro secondo lavoro letterario L’imprevisto di diventare adulti (La Nave di Teseo). Dal loro primo libro, il romanzo a quattro mani Mia sorella mi rompe le balle (Mondadori) che racconta la vita dei fratelli riminesi è nato il film La vita da grandi, in queste settimane al cinema, interpretato da Matilde De Angelis e Yuri Tuci. A firmare la sceneggiatura, insieme alla regista Greta Scarano, anche le sceneggiatrici Tieta Madia e Sofia Assirelli. Assirelli, originaria di Portico di Romagna ma trapiantata a Bologna, ha già firmato diverse sceneggiature di film e serie tv.
Sofia, come è nato il progetto?
"L’idea è partita da Greta che qualche anno fa, guardando una puntata di Italia’s Got Talent si è imbattuta nell’esibizione di Margherita e Damiano. Subito sentì il bisogno di approfondire, così acquistò il loro libro autobiografico. Un giorno mi ha chiamato e mi ha detto “devi assolutamente leggerlo“".
Avevate già collaborato?
"Lei aveva recitato in una serie che avevo scritto: Chiamami ancora amore".
La lettura del libro ha affascinato anche lei?
"Molto. Da un lato è molto originale il punto di vista di Damiano, un uomo nello spettro autistico, mentre dall’altro è interessantissimo lo sguardo di Margherita, una “sibling“".
Cosa significa?
"In gergo medico si chiama così il fratello o della sorella di una persona con disabilità. Vengono chiamati anche “bambini di vetro“, perché non sono visti dagli adulti, sono abituati ad avere meno attenzioni e a essere fortemente responsabilizzati, mentre intorno a loro aleggia il tema del “dopo di noi“, come se si chiedesse loro di tenersi pronti a subentrare ai genitori".
Possiamo dire che si tratta di un film sull’autismo?
"È un film su un fratello e una sorella. In fase di scrittura abbiamo scelto di cambiare i nomi ai protagonisti – i nostri si chiamano Irene e Omar – oltre che diversi dettagli caratteriali e contestuali, proprio perché abbiamo pensato che fosse importante decostruire quella storia per raccontarne un’altra: una storia che parla, sì, di autismo, ma anche di molti altri temi".
Quali?
"Di sogni, ad esempio, e dei tanti modi di “diventare grandi“. Omar, che nel film è interpretato da un attore nello spettro autistico, desidera diventare grande perché è affamato di autonomia e impaziente di realizzare i suoi desideri. Nello stesso momento, invece, Irene sta scoprendo i lati peggiori dell’età adulta e sta facendo i conti proprio sulla frustrazione di scoprire che i sogni non sempre diventano realtà".
Avete incontrato Damiano e Margherita Tercon?
"Sono stati i nostri consulenti dall’inizio alla fine, ci hanno accolto a casa loro e ci hanno aiutato a capire quale direzione prendere. Poi sono venuti anche sul set. Io ho partecipato alle riprese proprio nei giorni in cui si girava in Riviera. È stato molto bello vederli felici e sentirli dire che si riconoscevano molto nella storia, nonostante noi l’avessimo cambiata tanto: significa che per raccontare una verità non è importante l’adesione perfetta ai fatti".
Che effetto le ha fatto vedere il film al cinema?
"Sono state emozionanti le standing ovation, ma anche le risate, i commenti… Sono molto affezionata a questo film".
Ora sta lavorando ad altri progetti?
"Tra poche settimane, il 5 maggio, su Raiuno debutterà una serie alla quale ho lavorato: si intitola Gerri e questa volta è un poliziesco".