La “vera“ Maestra che spinge Cate all’Oscar

La Blanchett in “Tár“ interpreta Lydia, ispirata alla figura di Antonia Brico, una delle prime donne a guidare una grande orchestra

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di Carla Maria

Casanova

AAntonia Brico. Chi era costei? Ottimo quiz da proporre ad amici anche eruditi, sicuri di riuscire vincenti. Ma ancora per poco, data la recente polemica atta a far tornare la Brico alle vette della celebrità. Il tutto nasce dal film Tár di Todd Field, reduce da ben sei candidature agli Oscar, comprese quelle per il Miglior film, il Miglior regista e la Migliore attrice protagonista, con l’affascinantissima Cate Blanchett che nel caso vincerebbe il suo terzo Oscar, dopo aver ottenuto, per questa sua interpretazione, la Coppa Volpi all’ultima Mostra del cinema di Venezia.

Ma ecco sorgere Marin Alsop con altissime proteste. Il (la?) celebre maestro dice che il personaggio di Lydia Tár (nel film, direttrice d’orchestra interpretata appunto dalla Blanchett) si rifà disonestamente ad Antonia Brico, ledendone fortemente l’intera categoria, cioè l’immagine della direttrice d’orchestra. Le sue parole: "Mi sono sentita offesa come donna, come direttrice d’orchestra e come lesbica". Nel film questa Lydia Tár, lesbica, esercita il suo potere di musicista corrompendo giovani allieve. La Blanchett si difende: Lydia Tár nulla ha a che vedere con quella celebre antenata.

Ma chi diavolo era Antonia Brico, pochissimo menzionata da libri ed enciclopedie musicali? Nata a Rotterdam nel 1902 da madre single, fu adottata da una coppia che emigrò in California. La ragazza manifestò presto uno spiccato talento musicale. Si diplomò in pianoforte e quindi in direzione d’orchestra, professione nella quale non si riconosceva ancora nessuna donna.

Divenne assistente all’Opera di San Francisco e nel 1929 le fu assegnata una master class in direzione d’orchestra. Un anno dopo era riconosciuta direttore dei Berliner Philarmoniker. Nel 1938 fu la prima donna a dirigere la New York Philarmonia. Fondò una sua orchestra: la Brico Symphony Orchestra. Seguì un vasto tour in Europa. Dopo una lunga malattia si spense nel Colorado nel 1989, a 87 anni.

Fu la prima donna ad essere ufficialmente riconosciuta come direttore d’orchestra professionista. Nel 1974 su di lei venne girato un documentario e nel 2018 la regista olandese Maria Peters girò sulla sua vita il film De Dirigent.

Difficile dire come mai il nome di Antonia Brico sia per anni sprofondato in simile oblìo. È certo una professione anomala, per una donna. Antitetica fisicamente. A partire dall’abbigliamento. Come sale sul podio, una donna? In frac? In gonna? E come si pettina? Alla garçonne, oppure con i capelli al vento? Porta gioielli, collane, orecchini? Bazzecole, direte voi, invece no, il look ha la sua importanza. E come gesticola? Con grazia? Con forza brutale? La proporzione uomini-donne, nel campo, è schiacciante. 600 uomini contro 21 donne. Qualche donna (incominciò Nadia Boulanger, nel 1897) ha lasciato segno, vedi la stessa Alsop, la finlandese Suzanne Malkki, la cinese Xian Zhang che si prese anche la briga di partorire praticamente sul podio, senza l’aiuto di un medico.

In Italia, qualche nome c’è, dalla giovanissima Anna Wilhelm, forse la più dotata (diresse un concerto alla Scala nel 1982) che, scoraggiata, lasciò la carriera per la famiglia, a Silvia Massarelli (Grand Prix de Direction d’Orchestre), alla siciliana Maria Luisa Macellaro La Franca che studia la renaissance delle donne compositrice dal 1600 ad oggi. Ora furoreggia l’avvenente Beatrice Venezi, fluttuante capigliatura bionda, fisico da modella, saggio senso commerciale (sponsorizza prodotti vari), chiamata anche come consulente dal ministro della Cultura. Ma convincono davvero le signore sul podio? I biechi tradizionalisti continuano a preferire l’uomo in frac.

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