La strana mania della radiovisione "Ascolti e guardi: c’è più complicità"

La Delogu spiega il successo del nuovo fenomeno: "La tv resta un’altra cosa"

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Mezzo antico eppure sempre più social, la radio sta vincendo anche la nuova sfida: andare in tv. Stando all’indagine del Censis La transizione verso la radiovisione, sono ben 19 milioni gli italiani che seguono programmi radiofonici in formato video attraverso tv, smartphone o pc; di questi, quasi 11 milioni "vedono" la radio sullo schermo tv. Complice anche la pandemia, la visual radio si è sintonizzata sui nuovi stili di vita, offrendo contenuti con qualsiasi dispositivo, dovunque, in ogni momento, per intero o a spezzoni, in diretta e on demand. E non è un fuoco di paglia, dice l’istituto di ricerca: il 52% vorrebbe avere sempre più contenuti radio su mezzi diversi, anche in formato video. Il 50% di chi segue la radiovisione la trova piacevole, il 27,5% coinvolgente, il 24% innovativa.

"La radio è una forma di comunicazione infallibile di per sé: quando esci per strada, chi ti segue in radio discute, puntualizza, ti tratta come una persona di famiglia; chi invece ti vede in tv ti considera inavvicinabile e al massimo chiede una foto", ride Andrea Delogu (foto), tutti i giorni in diretta con Silvia Boschero a La versione delle due, programma pomeridiano di Radio2 Rai che ha un palinsesto tutto in diretta visual su RaiPlay. "Quando l’esperimento è partito, ero preoccupata, temevo che non riuscisse il mix tra due linguaggi che tengo sempre ben distanti. Invece la radio resta la radio, e le telecamere raccontano quello che succede mentre si va in onda, permettono al pubblico di curiosare nella costruzione del programma. E questo aumenta il livello di empatia, di complicità. La differenza con la tv? C’è, resta e la sento molto: in radio gli spettatori sono più esigenti, è più facile essere redarguiti. La tv entra in casa, la radio entra in testa".