Giovedì 18 Aprile 2024

La Storia in una foto

Giovanni

Morandi

La regola è che non i giornalisti ma i fotoreporter sono gli autori delle icone di guerra. È successo sempre così a parte la prima mondiale che preferì alla verità fotografica gli eroismi retorici ma belli disegnati da Achille Beltrame sulla “Domenica del Corriere“. Nessuno per ora può dire quale sia la foto simbolo della guerra in Ucraina. Può darsi che ancora non ci sia e come l’esperienza insegna non è per niente scontato che non sarà un falso. Come la bandiera americana issata da sei marines nell’isola di Iwo Jima nel febbraio del ‘45, evento simboleggiato da un’immagine che, secondo l’ipotesi più accreditata fu una messa in posa. Come lo fu la bandiera rossa sulle guglie del Reichstag, foto che secondo il fotografo che la fece, il russo Evgenij Chaldej, risale a qualche giorno dopo la conquista della capitale nazista. E fu sempre Chaldej l’autore della foto simbolo dei tre vincitori, Stalin Truman e Churchill ritratti insieme.

In alcuni casi le immagini fotografiche hanno determinato o fortemente condizionato il corso della storia come nel caso del massacro di My Lai nel Vietnam, dove trecento civili furono uccisi dai soldati americani, una strage che sconvolse un’opinione pubblica già provata da un’invasione che durava da vent’anni. Poi arrivò il giorno in cui Nick Ut, un piccolo vietnamita, fece lo scatto decisivo, una foto che lasciava molto all’intuizione e che celava la crudeltà che aveva ustionato la schiena di una bambina che correva nuda disperata verso il reporter che la stava fotografando. Difficile dimostrarlo ma quella foto, premio Pulitzer 1973, molto contribuì a chiudere il conflitto.

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