Mercoledì 24 Aprile 2024

La sfida di Auticon I consulenti sono tutti affetti da autismo

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Non si parla di beneficenza né di un semplice programma di inclusività. Nell’azienda d’informatica Auticon di Milano gli impiegati sono persone colpite dallo spettro dell’autismo e, proprio per questo, sono portatrici di valore aggiunto sia dal punto di vista umano che economico. Alberto Balestrazzi, delegato unico in Italia, ci tiene a sfatare il mito che i suoi consulenti informatici preferiscano stare soli, perché le persone colpite da autismo riescono a integrarsi e a interagire socialmente con ottimi risultati, se messi nelle corrette condizioni di lavoro e di gruppo. Così, dal 2019, porta avanti in Italia la missione di un’azienda nata dieci anni fa in Germania con l’idea di permettere alle persone autistiche di dimostrare e valorizzare le proprie capacità in ambito professionale e umano. Il suo team di consulenti esperti non lavora da remoto, ma entra in collaborazione diretta con le

aziende che richiedono i servizi di Auticon, e non stiamo parlando di piccole realtà in cui l’ambiente

è quasi familiare, ma di grandi colossi come come Eni, Unipol, Enel, Poste Italiane e molti altri.

Signor Balestrazzi, perché la sua azienda assume solo persone con autismo?

"Perché le persone colpite dalla forma ’ad alto funzionamento’ dello spettro autistico hanno delle capacità che permettono loro di essere molto attenti ai dettagli e di mantenere a lungo l’attenzione su attività meccaniche ripetitive, al contrario dei neurotipici. Studi scientifici dimostrano che il cervello autistico funziona per così dire al contrario rispetto al nostro: vedono le cose partendo dal dettaglio per arrivare all’insieme e se le attività ripetitive sono rassicuranti, i cambiamenti li innervosiscono. Doti queste incredibilmente utili nel mondo informatico".

È vero che le persone con spettro autistico sono asociali?

"No, molti stereotipi intorno all’autismo sono falsi. Le persone con autismo sono empatiche e hanno bisogno di relazione come tutti gli esseri umani, ma utilizzano modi differenti per esprimersi. Certo non vengono al bar a prendere il caffè con i colleghi, perché i luoghi troppo caotici li innervosiscono, ma da noi la socialità è altissima".

Come si fa per comunicare correttamente con loro?

"Non è difficile, basta imparare a relazionarsi in modo specifico, senza pretendere di farli ragionare come noi ragioniamo, e tenendo sempre presente che il loro cervello ha caratteristiche innate, non dovute a fattori culturali. Dunque è fondamentale rispettarne la diversità e imparare ad apprezzarla. L’autismo non è una malattia, non si cura con i farmaci. È una condizione, in buona parte genetica, che fa sviluppare alla persona capacità di apprendimento in modo diverso".

Il gruppo di psicologi del suo team serve per affiancare i consulenti?

"In realtà serve più per affiancare le aziende dei clienti dove noi mandiamo i consulenti per lavorare alla realizzazione dei progetti in team. Non facciamo corsi alle persone con autismo per farle diventare normali, caso mai li facciamo ai neurotipici perché imparino a relazionarsi con i nostri consulenti. Le persone con autismo, per esempio, sono ipersensibili a rumori, colori, odori e fanno estrema fatica a capire il sottinteso. La comunicazione deve essere chiara perché le cose dette saranno prese alla lettera".

Caterina Ceccuti

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