Mercoledì 24 Aprile 2024

La ragazza di Vermeer aveva l’orecchino di vetro

Ad Amsterdam la grande retrospettiva sul pittore del ’600, con una rivelazione sul suo quadro più celebre. "La perla era troppo costosa"

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di Anna

Mangiarotti

Da Livorno ad Amsterdam, in treno, oggi il tempo medio di viaggio è 20 ore e mezzo. Più avventuroso sarebbe stato chiedere un passaggio nel 1656 al capitano olandese del vascello “Cervio dorato“. A Livorno aveva trasportato grano, fave e un bel po’ di aringhe affumicate. E dal porto toscano – allora principale piazza mediterranea di distribuzione di zucchero, lino, incenso, mazzi e mazzetti di perle – sarebbe ripartito carico per lo Zuyderzee. All’arrivo, stupefacente spettacolo: un’immensa foresta di bastimenti. La Gazzetta di Amsterdam ci dice i loro nomi nel 1669: “La cicogna“, “Il sol levante“, “Il vaso di burro“... Intorno a quelle date, realizzava i suoi dipinti Johannes (Jan) Vermeer. L’ammaliante Colin Firth, interpretandolo nel film La ragazza con l’orecchino di perla, lo ha reso quasi popolare.

Per gli storici, un enigma. Nell’Ottocento un critico francese lo definisce "La sfinge di Delft", dove aveva trascorso tutta la vita. Tuttora ci sfugge. Eppure l’articolato programma di una doppia esposizione, dallo scorso venerdì al 4 giugno, tra Amsterdam e Delft, qualcosa intende svelare: tocco per tocco, con un’esperienza digitale, i segreti della sua prodigiosa tecnica pittorica; con la guida di una squadra investigativa, l’uomo dietro i dipinti. Al Rijksmuseum di Amsterdam la mostra Vermeer riunisce eccezionalmente 28 delle sole 35 certe sue opere, sparse fra Europa e States. Un mese prima dell’apertura c’erano già centomila biglietti prenotati. Ad attrarre il grande pubblico dev’essere la ricerca dell’ordinaria vita quotidiana trasfigurata in eternità.

Quieti interni domestici, giovani donne che leggono o scrivono lettere d’amore, suonano il liuto o il virginale, ricamano merletti o versano il latte, e le perle anche le pesano, come le anime degli uomini, o se le mettono al collo. Spazi rischiarati da luce sublime, riflesso, crediamo, del Secolo d’oro risplendente sulla Repubblica delle piccole poco litigiose Province Unite: un’àncora di salvezza per immigrati in cerca di lavoro, o in fuga da guerre e persecuzioni religiose.

Cuore dell’economia-mondo, a Delft fiorivano le industrie. E a Delft, ora distante 59 minuti in treno, corre in parallelo un’altra significativa mostra al Museo Prinsenhof. Ricca pure di giocattoli d’orfanatrofio e oggetti di esclusiva ceramica bianca-blu, inventata lì (32 fabbriche nel 1652) con la povera argilla locale per far concorrenza alla costosissima porcellana cinese.

Suggeriamo una ‘recherche’ sul posto, invece di sostare troppo al Rijksmuseum davanti alla Veduta di Delft, calda e palpitante, allungata davanti a un canale con battelli per il commercio delle aringhe: "Le plus beau tableau du monde" secondo Proust. Nel contemplarlo ebbe una crisi (però, d’asma), e un suo sensibile immaginario personaggio della Recherche du temps perdu addirittura finisce di vivere delirando d’entusiasmo. La permanenza dell’impianto urbanistico del XVII secolo nell’attuale centro storico consente letteralmente di tornare sui passi del geniale poeta delle cose concrete.

Quando è battezzato, il 31 ottobre 1632, e gioca pericolosamente lungo i canali, e familiarizza con l’arte nell’osteria del padre, “La volpe volante“. Per sposarsi, il protestante di modeste condizioni Johannes e la facoltosa cattolica Catharina Bolnes, dato lo scarso entusiasmo della madre di lei, fanno una scappata fuori città nel 1653. Ma sempre a Delft, lo stesso anno, nella Gilda di san Luca, consorzio di artisti e artigiani che poi guiderà, lui è ammesso come “maestro pittore”. I guadagni se li procura come mercante d’arte. Il team di ricercatori nella Delft di Vermeer rintraccia però come suo collezionista un fornaio, al quale Catharina cede nel 1676 due quadri a garanzia di un debito triennale di pane.

Nel 1672 una spaventosa crisi finanziaria distrae chiunque voglia farsi fare un ritratto o decorare la casa. Jan muore disperato senza un soldo. Ma l’esperto archivista Bas van der Wulp fa una rivelazione: il 16 dicembre 1675, accompagnato dagli 11 figli, da 14 portatori e dal suono della campana, il suo funerale è il più lussuoso che mai abbia avuto un pittore (benefattrice, in modo riservato, la suocera).

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