Giovedì 18 Aprile 2024

"La mia Wanda Ferragamo, donna forte e materna"

Anna Valle interpreta l’imprenditrice nella docufiction “Illuminate“ "Ha condotto l’azienda con fermezza, ma sapeva trasmettere amore"

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di Giovanni Bogani

"Quando interpreti una donna realmente esistita, hai sempre una paura terribile", dice Anna Valle. "Quella di essere poco fedele alla realtà. Entrare nella sede storica di Ferragamo, a Palazzo Spini Feroni, e poter parlare con la nipote e i figli di questa donna straordinaria, è stato fondamentale. Mi ha dato la sensazione di poter rendere giustizia a questa donna straordinaria".

Anna Valle ha la voce ridente, e la modestia di chi ancora si stupisce di essere riuscita a creare un altro piccolo miracolo. Eppure non si contano i suoi successi televisivi: dagli esordi con Commesse alla miniserie Soraya, a Callas e Onassis.

Questa volta ha interpretato, per un episodio della docuserie Rai Illuminate – in onda da lunedì su Raitre in seconda serata: si parlerà anche di Lina Wertmuller, Franca Valeri e Maria Callas – il ritratto di una imprenditrice forte, coraggiosa, umana. Wanda Ferragamo. La ragazza che, a diciott’anni, vede arrivare nel suo paesino, Bonito, in Irpinia, quell’uomo già adulto, che negli Stati Uniti aveva fatto fortuna creando le scarpe delle dive. La ragazzina, senza paura, parla all’uomo. E lo stupisce: fra tante ‘uaglioncelle, che gridano scomposte, lei si esprime in un italiano corretto, e mostra a quell’uomo di conoscerne la storia e già quasi la leggenda. L’uomo, affascinato, decide che quella sarà la donna della sua vita. La sposa. Vent’anni dopo, nel 1960, Salvatore Ferragamo muore, lasciandole sei figli da crescere, e una decisione difficilissima da prendere. È la decisione da cui parte il docufilm – prodotto da Anele con Rai cultura – che vede protagonista Anna Valle.

Quale decisione Wanda Ferragamo si trovò a prendere?

"Salvatore morì all’acme della fortuna. Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Greta Garbo, dive e regine venivano nel suo atelier a provare le sue scarpe. Wanda aveva 39 anni, nessuna esperienza imprenditoriale, e doveva decidere: vendere l’azienda agli americani?".

Decise di non farlo.

"Non volle vendere. Non voleva dissolvere il sogno di Salvatore. Ma, allora, che fare? Scelse la strada più difficile: prendere tutto in mano lei stessa. Da quel momento condusse l’azienda e la portò alle vette di successo che mantiene ancora oggi".

Il ritratto di una donna forte.

"E anche molto coraggiosa. Nei giorni successivi alla morte di Salvatore, si ritirò nella loro residenza in collina. Isolata. Per piangere l’uomo della sua vita – e lo sarà per sempre: non si risposerà mai – e per prendere la decisione più importante".

Lei dà voce a Wanda attraverso le lettere e gli appunti che scrisse a figli e nipoti sparsi nel mondo…

"Sì. Quelle lettere sono state raccolte dalla nipote Ginevra Visconti, nella biografia Il libro rosso di Tà. Tà stava per Wanda, come i bambini la chiamavano. E scopri una donna presa da mille cose da fare, ma che trovava il tempo di scrivere a figli e nipoti, dare consigli, donare affetto".

Che idea si è fatta di lei?

"L’idea che emerge quando incontri chi la ha conosciuta: i figli, Giovanna, Massimo, Leonardo, Ferruccio; o la collaboratrice storica Stefania Ricci, oggi direttrice del Museo Ferragamo. Tutti, parlando di lei, si emozionano. La sensazione è che sia stata una donna forte, sì, ma con un grande calore umano".

Una storia al femminile che può essere di esempio.

"Un esempio a livello imprenditoriale, e umano. Ha avuto intuizioni felici: il coraggio di allargare il mercato all’Asia, al Giappone, in anni in cui sembrava una follia; e il coraggio di uscire dalla nicchia dorata delle calzature, per creare borse, foulard, accessori. Ha saputo sempre vedere il futuro. Fino all’ultimo, è andata in azienda, con disciplina, con devozione. Ed è stata una madre, capace di incutere rispetto, ma anche amore".

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