Mercoledì 24 Aprile 2024

Ana de Armas a Venezia con Brad Pitt: "La mia Marilyn, diva triste e sconvolgente"

Protagonista di “Blonde“ di Andrew Dominik (Pitt è il produttore). "La sua verità emotiva nella mia vulnerabilità"

Ana de Armas, 34 anni, al Lido sul carpet con Brad Pitt, 58 anni (Ansa)

Ana de Armas, 34 anni, al Lido sul carpet con Brad Pitt, 58 anni (Ansa)

"Questo film mi ha cambiato la vita", dice Ana de Armas, che interpreta Marilyn Monroe in Blonde, il film presentato ieri in concorso alla Mostra del cinema. "Ho sentito addosso la tristezza di Marilyn; ho usato quel dolore. È stato difficile liberarmene, e forse non volevo nemmeno. È un’esperienza che porterò sempre con me – dice l’attrice – Mi sono messa alla prova. È stata un’esperienza meravigliosa artisticamente, difficilissima umanamente. Considero questo personaggio come un grande dono".

Marilyn, la dèa americana dell’amore, moriva sessant’anni fa. La sua leggenda, però, non si offusca. L’attrice che ridà vita ai suoi sorrisi, ai suoi pianti, alla sua camminata, ai suoi gesti, Ana de Armas, attrice trentaquattrenne di origine cubana, già strepitosa come Bond girl in No Time to Die, arriva in Laguna non più “blonde“. I capelli sono scuri, raccolti in una coda, gli occhi luccicanti di emozione. Blonde – tratto dal romanzo omonimo di Joyce Carol Oates, prodotto dalla Plan B di Brad Pitt, ieri sul red carpet – arriverà su Netflix il 28 settembre. Racconta, di Marilyn, il mito, il dolore, le contraddizioni. Lo fa con un film dai toni forti, un thriller dell’anima.

"Ho cercato di interpretare sia Norma Jeane che Marilyn: il personaggio pubblico e la donna nel suo privato – dice Ana de Armas – Le scene più difficili sono state quelle più intime, quelle che illuminano momenti in cui non c’erano cineprese o telecamere addosso a lei. Abbiamo raccontato una Marilyn intima, quella che rimaneva dopo che le cineprese si erano spente. E per raggiungerla, ho dovuto esplorare i luoghi oscuri della mia anima, la mia vulnerabilità. Volevo trovare la sua verità emotiva: ed è una verità che è arrivata piano piano".

"Marilyn è mille cose diverse, per ognuno di no – dice il regista Andrew Dominik – L’unico che forse la aveva capita, in vita, è stato Truman Capote, che ha scritto Beautiful Child, e la descrive come una persona straordinaria. Io volevo raccontarla da almeno dieci anni: questo film era l’ossessione della mia vita".

"Abbiamo iniziato le riprese nell’anniversario della sua morte, il 4 agosto 2019 – dice ancora Dominik – E abbiamo girato nella vera stanza in cui Marilyn è morta. Mille sono anche le tesi sulla sua morte: per me, è stato un suicidio ‘casuale’, una overdose di farmaci assunti da una donna che stava male. No, non credo alla tesi dell’omicidio".

Ana, ricordando le riprese del film, dice: "Per mesi la ho sognata, ho parlato solo di lei: lei era con me. Siamo anche andati in visita sulla sua tomba. Girare negli stessi luoghi in cui Marilyn ha vissuto ha dato a tutti noi delle emozioni molto forti".

Il film ripercorre, nell’arco di quasi tre ore, la vita privata dell’attrice più leggendaria di tutta la storia del cinema. L’infanzia problematica, la madre che tenta di ucciderla, gli anni dell’orfanotrofio, fino alla sua trasformazione nella mitica Marilyn. Non mancano le scene forti, di cui molto si era parlato prima della presentazione del film: la prima violenza subita, sul "sofà del produttore", una scena di triangolo erotico con il figlio di Charlie Chaplin e quello di Edward G. Robinson, e un John Fitzgerald Kennedy che chiede a Marilyn di "darsi da fare", spingendola a un rapporto orale, mentre lei si chiede "Che ci faccio qui?".

"Il film non è un documentario, né una ricostruzione storica – dice il regista – Marilyn ebbe una relazione col figlio di Chaplin e con il figlio di Edward G. Robinson, ma non nello stesso momento". È per scene come questa che negli Stati Uniti il film uscirà con il divieto ai minori di 17 anni. Prima della presentazione del film, sono divampate le polemiche sulla scelta di un’attrice cubana per interpretare Marilyn. Dice il regista Andrew Dominik: "Avevo visto Ana nel film Knock Knock, e non ho avuto dubbi: aveva la stessa caratteristica magica di catalizzare l’attenzione, di catturare gli sguardi di tutti. Il resto è venuto dopo". 

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