Melanie Griffith e Sigourney Weaver nel film “Una donna in carriera“ (1988)

di Pino Di Blasio Dieci storie esemplari di donne imprenditrici, manager, di successo o al vertice che dir si voglia. Dieci ritratti per rispondere alla domanda se esista o meno una leadership femminile. O se si tratti solo di uno stereotipo nello stereotipo. Chiara Galgani e Valeria Santoro, le due autrici del volume Leadership femminile. Esiste davvero? che l’editore Franco Angeli pubblicherà l’8 marzo hanno dato un filo conduttore alle conversazioni con dieci donne di potere, trovando alcuni denominatori comuni. "Da tutte e dieci le donne intervistate è emersa chiaramente – affermano le autrici – che la leadership non ha genere. Esiste il leader e basta. Poi ci sono delle soft skills, dei requisiti innati che le donne hanno nel codice genetico: empatia, ascolto, capacità di creare team unite. E in particolare la loro attenzione alla sostenibilità, a gestire le imprese e a guidarle nel futuro guardando agli effetti delle loro decisioni, per proteggere il mondo a favore dei loro figli. Invece di scimmiottare requisiti di leadership tipicamente maschili, le donne dovrebbero sprigionare queste risorse che hanno dentro. Così romperebbero definitivamente tutti i soffitti di cristallo che ancora frenano la loro ascesa nell’empireo delle società, non solo nelle imprese". Scorrendo la lista delle dieci donne protagoniste del libro, non si scorge un ambito o una poltrona che sia sfuggita all’altra metà del cielo. Pina Amarelli, presidente di Amarelli e di Banca regionale di sviluppo; Patrizia Grieco, presidente Banca Mps e Assonime; Albiera Antinori, presidente Marchesi Antinori; Elena Goitini, ceo Bnl Bnp Paribas e responsabile Bnp Paribas in Italia; Mara Panajia, presidente e ad di Henkel Italia; Silvia Candiani, Country general manager Microsoft Italia; Cristina Scocchia, ad di Illy Caffè; Antonella Mansi, presidente del Centro Moda Italiana e UniCredit Leasing; Daniela Fatarella, direttrice generale Save the Children Italia e Sara Riffeser Monti, presidente SpeeD e componente del cda Monrif Spa.  "In realtà – spiegano Santoro e Galgani – ci sono ancora poche donne nei ruoli esecutivi dei grandi gruppi, nonostante la legge sulla parità di accesso agli organi delle società quotate, ideata da Lella Golfo, che ha curato la prefazione del nostro libro. Mentre è obbligatoria la percentuale di donne nei consigli d’amministrazione, non c’è nessun obbligo che il chief executive o l’amministratore delegato sia donna. Serve un ulteriore cambiamento culturale, che innovi una gestione del comando che resta a trazione maschile". Vengono in mente obiezioni importanti, ma sono soprattutto esempi stranieri. E vale ancora la frase della nuova presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, che a chi definiva un grande passo avanti la sua nomina, ha risposto: lo sarà quando smetterà di essere una notizia il fatto che sia una donna la presidente.  "Il nostro obiettivo deve essere proprio questo – replicano le autrici –; deve diventare un fatto naturale che una donna arrivi a ricoprire un ruolo di vertice in qualsiasi campo. Il merito della legge sulla parità di genere nei cda ha spalancato porte chiuse per troppi decenni. E l’Italia ha fatto da apripista. Per le donne che ce l’hanno fatta quella legge è stata una medicina amara ma indispensabile per forzare un sistema chiuso". La prossima tornata delle nomine in una settantina di grandi società dove il governo ha una golden share potrà segnare un altro passo avanti. "Tutte le donne intervistate – concludono Santoro e Galgani – hanno lamentato il permanere di una cultura che affida alla donna la gestione della casa e l’assistenza a figli e familiari, e la mancanza di coraggio nelle donne quando devono fare il salto o pretendere di limitare le differenze di salario con gli uomini. Per la leadership del futuro le donne devono osare di più".

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di Pino Di Blasio
Dieci storie esemplari di donne imprenditrici, manager, di successo o al vertice che dir si voglia. Dieci ritratti per rispondere alla domanda se esista o meno una leadership femminile. O se si tratti solo di uno stereotipo nello stereotipo. Chiara Galgani e Valeria Santoro, le due autrici del volume Leadership femminile. Esiste davvero? che l’editore Franco Angeli pubblicherà l’8 marzo hanno dato un filo conduttore alle conversazioni con dieci donne di potere, trovando alcuni denominatori comuni. "Da tutte e dieci le donne intervistate è emersa chiaramente – affermano le autrici – che la leadership non ha genere. Esiste il leader e basta. Poi ci sono delle
soft skills, dei requisiti innati che le donne hanno nel codice genetico: empatia, ascolto, capacità di creare team unite. E in particolare la loro attenzione alla sostenibilità, a gestire le imprese e a guidarle nel futuro guardando agli effetti delle loro decisioni, per proteggere il mondo a favore dei loro figli. Invece di scimmiottare requisiti di leadership tipicamente maschili, le donne dovrebbero sprigionare queste risorse che hanno dentro. Così romperebbero definitivamente tutti i soffitti di cristallo che ancora frenano la loro ascesa nell’empireo delle società, non solo nelle imprese".
Scorrendo la lista delle dieci donne protagoniste del libro, non si scorge un ambito o una poltrona che sia sfuggita all’altra metà del cielo. Pina Amarelli, presidente di Amarelli e di Banca regionale di sviluppo; Patrizia Grieco, presidente Banca Mps e Assonime; Albiera Antinori, presidente Marchesi Antinori; Elena Goitini, ceo Bnl Bnp Paribas e responsabile Bnp Paribas in Italia; Mara Panajia, presidente e ad di Henkel Italia; Silvia Candiani, Country general manager Microsoft Italia; Cristina Scocchia, ad di Illy Caffè; Antonella Mansi, presidente del Centro Moda Italiana e UniCredit Leasing; Daniela Fatarella, direttrice generale Save the Children Italia e Sara Riffeser Monti, presidente SpeeD e componente del cda Monrif Spa. 
"In realtà – spiegano Santoro e Galgani – ci sono ancora poche donne nei ruoli esecutivi dei grandi gruppi, nonostante la legge sulla parità di accesso agli organi delle società quotate, ideata da Lella Golfo, che ha curato la prefazione del nostro libro. Mentre è obbligatoria la percentuale di donne nei consigli d’amministrazione, non c’è nessun obbligo che il chief executive o l’amministratore delegato sia donna. Serve un ulteriore cambiamento culturale, che innovi una gestione del comando che resta a trazione maschile". Vengono in mente obiezioni importanti, ma sono soprattutto esempi stranieri. E vale ancora la frase della nuova presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, che a chi definiva un grande passo avanti la sua nomina, ha risposto: lo sarà quando smetterà di essere una notizia il fatto che sia una donna la presidente. 
"Il nostro obiettivo deve essere proprio questo – replicano le autrici –; deve diventare un fatto naturale che una donna arrivi a ricoprire un ruolo di vertice in qualsiasi campo. Il merito della legge sulla parità di genere nei cda ha spalancato porte chiuse per troppi decenni. E l’Italia ha fatto da apripista. Per le donne che ce l’hanno fatta quella legge è stata una medicina amara ma indispensabile per forzare un sistema chiuso".
La prossima tornata delle nomine in una settantina di grandi società dove il governo ha una golden share potrà segnare un altro passo avanti. "Tutte le donne intervistate – concludono Santoro e Galgani – hanno lamentato il permanere di una cultura che affida alla donna la gestione della casa e l’assistenza a figli e familiari, e la mancanza di coraggio nelle donne quando devono fare il salto o pretendere di limitare le differenze di salario con gli uomini. Per la leadership del futuro le donne devono osare di più".

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